Usa e Sicilia: dalla mafia al Muos

Vincenzo Figlioli

Marsala

Usa e Sicilia: dalla mafia al Muos

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mercoledì 09 Novembre 2016 - 06:55

Oggi saremo tutti impegnati a commentare l’esito delle elezioni americane. Ognuno avrà le sue simpatie e avrà fatto i suoi pronostici. In redazione, inutile nasconderlo, abbiamo tifato per Hillary Clinton, più per la disistima verso Donald Trump che per reale convinzione. Tuttavia, la sensazione è che finiremo in ogni caso per rimpiangere Barack Obama, che ha avuto l’onere di guidare gli Stati Uniti in uno dei periodi più difficili della loro storia, tra crisi economica e lotta al terrorismo, riuscendo a restituire credibilità internazionale al Paese dopo i disastri di George W. Bush e a far approvare una storica riforma del sistema sanitario nazionale, nonostante non avesse la maggioranza al Congresso.
Ad ogni modo, è chiaro che noi non votiamo negli States, ma in Italia. Anzi, in Sicilia. Quella Sicilia, che come spiega bene Pif nel suo ultimo film “In guerra per amore”, fu considerata strategica dagli americani durante la Seconda Guerra Mondiale e che fu regalata al controllo mafioso, di fatto fino alla caduta del Muro di Berlino. Non ci risulta che nessun presidente americano si sia mai scusato con i siciliani per aver avallato 50 anni di omicidi e violenze. Tantomeno pare che Roosevelt o il suo successore Truman batterono ciglio di fronte al rapporto del capitano Scotten, scovato in archivi londinesi, sul ruolo che le forze alleate ebbero nel rinvigorire, nel ‘43, un potere mafioso che era stato marginalizzato durante il fascismo. Un mancato intervento degli americani, scrisse Scotten “significherebbe consegnare la Sicilia per lungo tempo ai poteri criminali”. Come puntualmente avvenne.
Adesso noi non ci aspettiamo che Clinton o Trump si scusino con i siciliani per conto dei loro predecessori. Ci piace pensare, però, che prima o poi si possa davvero interrompere quel processo di militarizzazione del territorio siciliano che ha portato negli anni gli americani a colonizzare ampie aree dell’isola, fino alla recente installazione del Muos. Difficile immaginare che il nuovo presidente possa prendere di sua spontanea volontà questa iniziativa. Dovrebbero essere i nostri governanti a Roma o a Palermo a farsi sentire. Così, se proprio vorranno inviare una nota di congratulazione al vincitore (o alla vincitrice), li invitiamo a inserire anche una nota a margine con una semplice frase: “Now, Hillary/Donald, we have to talk about Sicily…”. Se ci pensate, non sarebbe nemmeno così difficile…

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