Silvio Mirarchi martedì sera stava lavorando come aveva fatto innumerevoli volte. Era notte e stava controllando, insieme al suo compagno, i territori di competenza della sua stazione. Una delle periferiche che fanno capo alla Compagnia di Marsala diretta da qualche anno dal giovane e bravissimo capitano Carmine Gebiola. Silvio Mirarchi aveva sott’occhio un’area, adiacente ad alcuni vivai, non lontano da dove tanti marsalesi andavano a riempiere l’acqua. Sì perché si tratta di aree tufacee, ex perriere, fatte di calcarenite che filtra l’acqua e la purifica. Ma di puro, lì intorno, c’era rimasto davvero poco altro. Infatti è una zona non illuminata e disabitata. Ideale per traffici illeciti. Provo ora a immaginare cosa può essere accaduto. Premetto che le mie sono solo congetture, ma dopo oltre dieci anni di attività di cronista la mia idea me la sono fatta. Io penso che il maresciallo Mirarchi si era accorto che nella zona c’era una piantagione di marijuana, ma da uomo dello Stato quale era, capiva bene che sequestrare soltanto le piante avrebbe segnato solo un pareggio e non una vittoria per le forze dell’ordine. Voleva prenderli quei bastardi che seminavano quel veleno e poi lo rivendevano spesso senza nemmeno dare un’occhiata alla carta d’identità degli acquirenti… Se avesse sequestrato la piantagione avrebbe guadagnato tempo, ma i delinquenti avrebbero presto trovato un’altra zona appartata – e in una città territorio come Marsala non è certo difficile – e poi avrebbero installato un’altra coltivazione, raccolto la mercanzia e l’avrebbero venduta. Quindi l’impegno dei carabinieri sarebbe valso a nulla, o quasi. Mirarchi era uno che parlava poco, ma sapeva il fatto suo e così aveva iniziato a battere quelle zone nell’oscurità fino al giorno, o meglio alla sera del raccolto. Così li avrebbe colti in flagranza di reato e l’arresto sarebbe stato automatico. Magari si trattava di recidivi già condannati con pena sospesa e con questo colpo, in galera ce li avrebbe mandati sul serio. Martedì era la sera giusta. Loro erano lì e il maresciallo li ha visti. Mancava un soffio, ma forse Mirarchi aveva dimenticato che chi coltiva la droga per avvelenare i ragazzini, oltre ad essere un malvivente è anche un vile che non esita a sparare alle spalle. Ma deve essere anche uno piuttosto pratico, visto che lo ha raggiunto, alla schiena, sparando al buio. Da almeno due anni si intuisce che nella nostra città girano armi. Infatti molte sono state sequestrate, tutte con matricola abrasa, ma evidentemente c’è chi foraggia questo mercato, che poi alimenta il traffico di droga. Martedì notte il maresciallo Silvio Mirarchi è stato ferito ad un rene. Il suo compagno ha immediatamente chiamato i soccorsi. È stato sottoposto ad un’operazione durata circa 5 ore ad opera delle equipe di Chirurgia 1 e Chirurgia vascolare dell’ospedale “Paolo Borsellino”, poi trasferito in elisoccorso al Civico di Palermo. Anche lì i medici hanno fatto il possibile per salvarlo, ma non è stato sufficiente. Si è spento nel pomeriggio, lasciando questo mondo da eroe. Se le cose fossero andate diversamente e Mirarchi avesse preso il balordo prima che questi premesse il grilletto probabilmente l’Italia – che oggi festeggia il compleanno della sua Repubblica – non lo avrebbe conosciuto. Si sarebbe solo saputo dell’operazione condotta con successo e questo il maresciallo lo sapeva bene. Non agiva certo per la gloria, né per la fama. Lavorava per lo Stato lui, in silenzio e con abnegazione. Ora ha perso la vita e guadagnato la gloria e la fama.
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