Un nuovo colpo alla mafia trapanese e alla sua rete di connivenze con il mondo imprenditoriale è stato inferto dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Nel quadro delle attività investigative denominate “Cemento del Golfo” finalizzate alla ricerca di Matteo Messina Denaro ed al depotenziamento del sistema economico-imprenditoriale riconducibile a Cosa Nostra che vede a capo il latitante, questa mattina, alle prime luci dell’alba, la Compagnia di Alcamo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale, con oltre 100 carabinieri, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della locale DDA, nei confronti del capo famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo, Mariano Saracino, classe ’47 e di altri quattro affiliati, Vito Turriciano, classe ‘46, Vito Badalucco, classe ‘57, Martino Badalucco, classe ‘81, Vincenzo Artale, classe ’52, per le ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, intestazione fittizia aggravata, furto e violazione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
L’odierna ordinanza scaturisce dal lavoro investigativo condotto dalla Compagnia Carabinieri di Alcamo e diretto dalla DDA di Palermo a partire dal gennaio 2013.
Due anni di indagini scaturite da una serie di attentati incendiari ai danni di imprenditori locali, hanno permesso di far emergere l’attuale organigramma mafioso della cupola castellammarese operante in uno degli storici territori controllati da Cosa Nostra in provincia.
L’attività ha permesso di comprendere come i danneggiamenti ai mezzi e veicoli del settore dell’edilizia e del movimento terra si collocassero in un contesto mafioso legato alla famiglia di Castellammare del Golfo, facente parte del mandamento di Alcamo, che vede al vertice Mariano Saracino già condannato per associazione mafiosa ed altro e da sempre legato alla famiglia alcamese dei Melodia.
In particolare, le indagini si sono concentrate su un gruppo di soggetti che, attraverso condotte riconducibili alle modalità operative di Cosa Nostra, imponevano la fornitura di calcestruzzo a diversi imprenditori impegnati in lavori privati o in opere pubbliche. È stata dimostrata la volontà della famiglia mafiosa di Castellammare di favorire Artale, responsabile di una società operante nel settore del calcestruzzo, per garantire allo stesso una posizione di forza all’interno del mercato del settore. I sodali infatti hanno costretto con pressioni ed intimidazioni i committenti di lavori privati o le ditte appaltatrici a rifornirsi di cemento dallo stesso imprenditore. Grazie a tale acquisita posizione, Artale si è aggiudicato tutte le maggiori forniture nei lavori in zona. Oltre alle 5 misure in carcere sono stati altresì notificate 6 informazioni di garanzia nei confronti di altrettanti soggetti responsabili a vario titolo di intestazione fittizia di beni e favoreggiamento personale, per tutti con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa denominata cosa nostra. Diversi sono stati infine gli episodi estorsivi, anche con il classico metodo della “messa a posto”, accertati nel corso dell’indagine, alcuni dei quali rilevati anche con la collaborazione delle vittime. Nel corso dell’operazione è stata sequestrata inoltre l’azienda “SP Carburanti s.r.l.”, con sede legale a Castellammare del Golfo, considerata fittiziamente intestata a prestanome, ma riconducibile alla famiglia mafiosa della città.
LE REAZIONI – “Grazie ai Carabinieri della Compagnia di Alcamo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trapani è stato possibile mettere a segno un altro colpo contro la criminalità organizzata. Ancora una volta magistratura e forze dell’ordine danno un segnale di speranza: è possibile continuare la lotta contro ogni forma di malaffare”, ha commentato il presidente di Confindustria Trapani, Gregory Bongiorno. “Il fatto che tra gli arrestati ci sia anche un imprenditore iscritto all’associazione antiracket di Alcamo fa capire quanto sia importante non abbassare mai il livello di guardia. Vicende come questa rischiano, infatti, di vanificare il lavoro fatto in tanti anni e dare forza a quanti cercano di confondere le acque. Conforta il fatto che al risultato di oggi si sia pervenuti grazie alle denunce di altri imprenditori. Questa è l’unica strada da perseguire, questo l’atteggiamento che dobbiamo continuare ad incoraggiare”.