Ogni uomo che esce dal carcere con dignità e mostra di aver imparato qualcosa, merita senz’altro rispetto. Vale per l’ultimo rubagalline, come per Salvatore Cuffaro. Quel che non convince, in queste ore, è la tendenza alla beatificazione nei confronti dell’ex presidente della Regione, condannato a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato e rivelazione di segreto d’ufficio. Certo, fa piacere sentire quello che per anni è stato l’uomo più potente in Sicilia, parlare del suo desiderio di andare a fare il medico in Africa o delle condizioni spesso disumane in cui vivono i detenuti nelle strutture carcerarie italiane. E sarebbe ammirevole se davvero volesse impegnarsi con azioni concrete a favore degli ultimi, adesso che è tornato in libertà. Tuttavia, il rispetto che l’uomo Cuffaro merita oggi, dopo 5 anni di reclusione, non può cancellare il suo passato. Tra la fine degli anni ’90 e la prima decade del nuovo secolo, Cuffaro è stato il politico più potente in Sicilia. E’ stato per 5 anni assessore all’agricoltura con governi di centrodestra e centrosinistra, per due volte presidente della Regione, Senatore della Repubblica, Commissario straordinario per l’emergenza idrica e l’emergenza rifiuti: esiste uno di questi settori in cui si può dire che abbia prodotto risultati positivi per il bene comune? E non è con i suoi governi che il buco dovuto alla spesa sanitaria regionale è diventata una voragine, a fronte di un servizio pubblico pieno di criticità e carenze che ha spesso costretto i siciliani ad andare al Nord per le proprie cure mentre i grandi manager ingrassavano i propri conti in banca? Tutto ciò, senza dimenticare che nelle motivazioni della sentenza di condanna i giudici della Cassazione hanno dichiarato provato «l’accordo politico-mafioso tra il capo-mandamento Giuseppe Guttadauro e l’uomo politico Salvatore Cuffaro, e la consapevolezza di quest’ultimo di agevolare l’associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l’esistenza di indagini in corso nei loro confronti». Se oltre a dire cose interessanti e condivisibili sulle condizioni delle nostre strutture carcerarie Cuffaro volesse davvero dimostrare di essere un uomo nuovo, redento (come qualcuno ha detto a sproposito in questi giorni), dovrebbe raccontare tutto quello che sa sui rapporti tra mafia e politica, su quegli uffici regionali che per anni sono stati la sua seconda casa e in cui sono stati bruciati milioni di fondi europei che avrebbero potuto modernizzare la Sicila. E molto altro potrebbe dire anche sulle carriere di tanti uomini che facevano parte del suo cerchio magico e che con le solite operazioni trasformiste sono andati a giurare fedeltà ad altri uomini di potere. Non ci risulta, almeno per ora, che lo abbia fatto. Né che qualcuno glielo abbia chiesto.
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