La storia della Sinistra italiana è un elenco di scissioni. Dal congresso di Livorno (che sancì la fuoriuscita dal Psi dei futuri fondatori del Pci) ai giorni nostri, è tutto un fiorire di sigle, durate spesso lo spazio di una competizione elettorale. Non stupisce quindi che un gruppo di dirigenti del Pd abbia deciso di rispondere al “renzismo” costituendo un nuovo soggetto politico, che ha già un suo gruppo parlamentare alla Camera in cui sono confluiti anche i deputati di Sel. Ora come ora, a dire il vero, gli spazi per una proposta politica a sinistra del Pd di Matteo Renzi ci sarebbero tutti. Perchè, conclusa questa legislatura caratterizzata da una sorta di governo delle larghe intese, in cui i democratici sono alleati con il Nuovo Centro Destra di Alfano, Udc e quel che resta di Scelta Civica, bisognerà tornare ad una situazione di normalità istituzionale, in cui una coalizione coesa indichi il proprio programma, candidandosi a guidare il Paese e, possibilmente, a cambiarlo davvero. Il problema del nuovo soggetto lanciato da Fassina, D’Attorre e compagnia è un deficit di credibilità difficile da colmare. Non basta rilanciare parole d’ordine e bandiere che fanno venire i lucciconi agli occhi ai nostalgici degli anni ’70. Occorre essere capaci di interpretare i nostri tempi con realismo e lucidità. Come ha fatto Alexis Tsipras in Grecia. E il nome del presidente ellenico viene spesso citato come un “mantra” dai dirigenti della Sinistra italiana, che ne hanno seguito con entusiasmo il percorso politico, un po’ come quei tifosi seguono la squadra del cuore, senza farsi troppe domande. Ora come ora, in Italia, nessun esponente di quest’area ha un briciolo della carica innovativa di Tsipras. Qualche anno fa si sarebbe potuto pensare a Nichi Vendola, esempio di buon amministratore alla guida della Regione Puglia, rivelatosi però incapace di costruire una classe dirigente alternativa al Pd. In Sicilia poi, ancora si ride (per non piangere) al ricordo della mancata candidatura alla presidenza della Regione di Claudio Fava per un vizio burocratico e la frettolosa indicazione della sindacalista Giovanna Marano, costretta a candidarsi alla guida di una lista su cui compariva ancora il simbolo “Fava Presidente”. La nuova “Sinistra italiana”, più che sugli ex e sui fuoriusciti dovrebbe puntare su un ricambio generazionale autentico, capace di ridare slancio e credibilità al progetto. Altrimenti, sembrerà l’ennesimo tentativo di un gruppo di dirigenti di contarsi per ritagliarsi qualche incarico di governo o sottogoverno. E, in questo caso, sarà difficile convincere gli elettori a votare un soggetto politico diverso dal Pd, dal Movimento 5 Stelle o dalla destra a trazione leghista che sta prendendo forma intorno a Matteo Salvini.
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