Dal 1991 ad oggi, in Italia, sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose 201 Comuni e 5 aziende sanitarie locali. A fare la parte del leone, com’è noto, sono storicamente le regioni del Sud – Campania, Calabria e Sicilia, ma in anni recenti il Ministero degli Interni ha ravvisato la necessità di procedere allo scioglimento anche di alcune amministrazioni del Piemonte, della Lombardia o del Lazio. Perché la linea della palma, si sa, è in continua risalita e la mafia segue storicamente i flussi di denaro, come hanno dimostrato anche le recenti inchieste sugli appalti legati all’Expo di Milano. La normativa spiega che “condizione dello scioglimento è l’esistenza di elementi concreti, univoci e rilevanti su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori locali (sindaci, presidenti delle province e delle comunità montane, consiglieri comunali e provinciali e delle comunità montane etc) ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da incidere negativamente sulla funzionalità degli organi elettivi”. Sulla base di questo ragionamento ci aspettava, dunque, anche un decreto di scioglimento per il Comune di Roma, travolto dall’inchiesta “Mafia Capitale”. Un sistema in cui c’entra poco l’attuale sindaco Ignazio Marino, ma che si è comunque sedimentato nel tempo e in maniera trasversale, lasciando campo aperto a indegni rappresentanti delle istituzioni che hanno trovato lecito andare a braccetto con lestofanti di ogni genere, ex terroristi e reduci della Banda della Magliana. Un autentico “Romanzo Criminale” che solo un commissariamento serio potrebbe davvero smantellare. Ma come spesso accade in Italia, gli organi deputati a prendere decisioni del genere mostrano i muscoli con i piccoli centri – da Afragola a Campobello di Mazara – per usare ben altre cautele quando si parla delle grandi città. Il mancato scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’amministrazione comunale romana è l’ennesimo trionfo del vizio tutto italiano di usare “due pesi e due misure” a seconda delle convenienze oltre ad essere un’occasione mancata per un Paese che avrebbe bisogno di una terapia d’urto – a partire proprio dalla sua Capitale – per togliersi di dosso paramenti e tossine criminali – e recuperare una volta per tutte agli occhi del mondo la sua “Grande Bellezza”.
Cronaca