Sono ormai alcuni anni che non vengono effettuati scavi nell’area del parco archeologico della nostra città. È stata operata la recinzione del parco, con la chiusura sia al traffico automobilistico che a quello pedonale delle tre vie interne ad esso, ma non si è andati avanti nella ricerca archeologica con opportune campagne di scavo. E se chiediamo alla Soprintendenza perché, la risposta prevedibile è che non ci sono fondi, non ci sono più le risorse sufficienti, che in tempi di tagli alla spesa pubblica lo stanziamento di fondi per la ricerca archeologica appare quasi un lusso che non ci si può permettere.
Bisogna allora rassegnarsi a una situazione di stallo? Certamente no. Senza voler sollevare sterili recriminazioni sullo sperpero di denaro pubblico anche nella nostra regione, credo che una soluzione si possa trovare nel volontariato sociale. Come ha sottolineato nell’ultima, recente campagna elettorale la lista civica “Cambiamo Marsala” (lista a sostegno della candidatura Di Girolamo) in uno dei suoi punti programmatici, «in tempi di minore disponibilità di risorse per le pubbliche amministrazioni» si rende necessario «non solo evitare ogni forma di spreco e di inopportuno impiego del denaro pubblico, ma anche incoraggiare ed incrementare il volontariato sociale, per realizzare attraverso questa via alcune possibili iniziative di comune utilità per le quali non si riesca a trovare le necessarie risorse».
Fra le “iniziative di comune utilità” possiamo certamente pensare alla ripresa degli scavi nel parco archeologico della nostra antica Lilibeo. Considerato che il costo di una campagna di scavo è costituito, per la parte più consistente, dalla retribuzione degli operai impegnati a scavare, si tratta di costituire un elenco di “volontari della ricerca archeologica”, adulti e giovani (per esempio, studenti universitari o neolaureati), disposti a lavorare gratuitamente come operai in una campagna di scavo. Si può pensare a gruppi di volontari di tre-quattro persone che si alternino, di settimana in settimana, nella conduzione dei lavori per la durata di qualche mese, guidati naturalmente da un archeologo.
Ad ogni volontario si chiederebbe un impegno di non molti giorni, il “sacrificio” di una settimana delle proprie ferie o delle proprie vacanze per una iniziativa di pubblica utilità che certamente contribuirebbe, continuata regolarmente ogni anno, a ridestare l’interesse per il nostro patrimonio archeologico e ad arricchirlo nel tempo, consentendo anche una più curata manutenzione del parco.
Non credo che una settimana di lavoro manuale gratuito per farci restituire dalla terra testimonianze della nostra antica civiltà sia una proposta impossibile o scoraggiante. Credo anzi che essa possa suscitare una positiva curiosità, nuove motivazioni ed insolite gratificazioni.
Io ci credo e sono convinto che non mancherà la risposta dei nostri concittadini. Quanto a me, sono pronto ad iscrivermi nella lista dei volontari.
Nino Sammartano
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