Quando ad un artista preme il desiderio di raccontare la sua terra, e la sua Terra è la Sicilia, non può fare a meno di intraprendere una nuova dimensione di ricerca interiore per raggiungere l’essenza più spirituale, la luce. L’artista Vincenzo Pellegrino, attraverso un percorso tormentato, in cui egli arriva progressivamente ad annullarsi in esso, ne intuisce la presenza, la cerca e nel trovarla ne resta travolto. Egli giunge ad un processo di progressiva astrazione e trasfigurazione del dato naturale e ad una maggiore luminosità con il ciclo di opere intitolato “Sopra la terra”. Un chiaro rimando all’artista russo Nicolas De Stael e alla serie dedicata alla città di Agrigento, eseguita durante un soggiorno in Sicilia nel 1953. Fu in questa fase che De Staël scoprì nella sua pienezza la luce accecante del Mediterraneo e ne rimase sconvolto. In Pellegrino, i colori conquistano ogni spazio, ogni angolo per esondare oltre i margini della tela, perchè l’arte non ha confini di spazio o di tempo. Egli racconta, ricorda e rivive la sua Terra con piena libertà espressiva.
Ogni tocco di colore, steso con spatola o pennello, è una rincorsa di chissà quali forme che perdono consistenza per assumere nella mente di chi osserva le sembianze di paesaggio marino, di tempesta, di battaglia tra più uomini o animali. Una compenetrazione di più forze: l’umana, la naturale e l’animale in un unicum d’azione. E’ la sorpresa, accompagnata dall’emozione, di creare con l’immaginazione, attraverso l’osservazione, nuove forme. L’arte non è costrizione, l’artista non obbliga a vedere questo o quell’altro, ma libertà di percepire, di sentire pulsare la sua anima sottesa.
Una ricerca, dunque, che non segue alcun dettame prestabilito ma si materializza semplicemente ascoltando il suo “animus”, seguendo il suo naturale talento artistico e tutto ciò che e’ luce, colore, sentimento. Anima e luce rivivono nell’eterna magia del colore, permeando d’infinito lo spazio finito di una tela.
Gianna Panicola