Mai quanto in questi giorni appare attuale l’ultimo libro del giornalista di origine marsalese Roberto Tumbarello. “O la borsa o la vita” è una ricerca delle origini del degrado in cui versiamo. È un saggio prettamente politico, ma sempre al di sopra delle parti. L’autore, infatti, non difende un’ideologia, né colpevolizza solo i politici per la crisi – più morale che economica – che stiamo attraversando. La responsabilità – secondo Tumbarello – è soprattutto di noi elettori. Col patrocinio e gli auspici del Vescovo, Monsignor Pietro Maria Fragnelli, che lo ritiene altamente educativo, Roberto Tumbarello presenterà il libro al Seminario Vescovile di Trapani, lunedì 8 giugno alle 18.
Perché ha deciso di scrivere questo libro?
Era venuto il momento di far sapere agli italiani che sono sull’orlo del precipizio e che, quindi, denaro e potere non valgono più nulla. Certe cose non le dice nessuno. Invece, sono realtà di cui tutti debbono essere responsabilizzati. È venuto il momento di pensare alla propria vita e al futuro dei figli. Non è nascondendo la testa sotto la sabbia o scodinzolando davanti ai potenti che si risolvono i problemi del paese. Nel libro, con parole semplici e accessibili a tutti, viene descritta la gravità della situazione. Non c’è tempo da perdere. Mi vengono i brividi nel pensare a quanto vicini siamo al tracollo. Ci si può salvare solo rimboccandoci le maniche e assumendo ognuno le proprie responsabilità.
Chi sono i destinatari?
Un tempo, quando c’erano politici coscienti e responsabili, potevamo dormire tra due guanciali. Adesso, invece, dobbiamo meditare sull’errore di avere affidato l’Italia a neofiti ambiziosi e inadeguati, che hanno coltivato il nepotismo e, quindi, incrementato la corruzione. Tutti dovrebbero leggere il mio libro. Chi vuol fare politica e chi dalla politica deve difendersi. Soprattutto i giovani, che, privati della possibilità di sognare, dovrebbero difendere il proprio futuro.
Che soluzioni si propongono?
Io invoco una temporanea pacificazione nazionale per potere scegliere i personaggi migliori, finora dimenticati dalla politica, che facciano ripartire l’Italia. Risorgemmo dalle macerie 70 anni fa grazie a una classe politica eccelsa che si era forgiata in esilio. Oggi siamo nelle stesse condizioni, anche se le macerie non si vedono. È perché, dalla fine della guerra, siamo ancora aizzati l’uno contro l’altro, di destra o di sinistra, fascisti e comunisti. Siamo rimasti indietro rispetto agli altri paesi che in tutti questi anni si sono evoluti. Non si può vincere il giro d’Italia gareggiando sulle stesse biciclette che usavano Bartali e Coppi. I politici non hanno capito che non viviamo più in epoca industriale. Ma, essendo ormai tutto informatizzato, non sono capaci di concepire attività in cui l’uomo non possa essere sostituito dalla macchina. Solo così tutti potranno avere un’occupazione, anche chi non è particolarmente colto o intelligente. Perché il lavoro è un diritto naturale senza il quale anche chi è ricco e potente prima o poi affonderà.
E l’Europa? Che cosa pensa dell’Euro?
L’Unione europea è un’istituzione miracolosa che ci ha regalato già 70 anni di pace e anche di benessere. Proviamo a pensare a un’Italia isolata in una società globalizzata, col tasso di corruzione e di evasione fiscale che ci caratterizza.. Saremmo divorati dall’inflazione e distrutti dalla concorrenza dei colossi come gli USA, la Cina, l’India, la Russia. L’Europa è la nostra salvezza. Certo, se contassimo di più, potremmo condizionarne la politica, come avveniva un tempo, quando a rappresentarci c’erano grandi donne e uomini saggi. Inoltre, l’Euro non può essere responsabile di crisi né latore di benessere. La moneta è solo uno strumento della politica.
Ma agli Italiani basta l’arma del voto per risolvere questi problemi?
In democrazia è col voto che si fanno le scelte politiche e si decide come gestire il paese. Non essendo consapevoli di tale importanza, noi stolti lo cediamo a chiunque ci prometta la luna. Per di più, non solo lo rieleggiamo, ma ne siamo affascinati. L’applauso è come il voto. È una ricchezza di cui non apprezziamo il valore e che, quindi, sprechiamo.
Secondo lei la rinascita del PLI non è anacronistica?
In effetti, è un’icona del passato. Ma in questo momento è preziosa per chi vuole dare una mano al paese, non essendo d’accordo né con la sinistra né con questa destra. Ecco perché un gruppo di intellettuali per bene, che vogliono contribuire alla ripresa del paese, hanno scelto il vecchio simbolo glorioso. Il libro dà a tutti la voglia di intervenire, di seguire ciò che avviene in Parlamento e nelle stanze del potere. Dà a ciascuno la coscienza di essere il controllore di ciò che si decide sulla nostra pelle e soprattutto su quella dei nostri figli.
Maria Grazia Sessa
Roberto Tumbarello, giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza, ha tre figli e sei nipoti. Medaglia “pro merito” del Consiglio d’Europa, di cui è stato portavoce in Italia per tanti anni, è esperto in Comunicazione e Diritti umani. È stato redattore e inviato speciale di diversi quotidiani e settimanali a vasta tiratura. Ha chiuso la carriera come direttore del “Giornale di Napoli”. Tra le sue ultime pubblicazioni di successo: “Gesù era di destra o di sinistra?” (Sapere 2000 Ed, 2009), “Si salvi chi può” (Edizioni Radici, 2012), “O la borsa o la vita” (Armando Ed, 2014), attualmente in libreria.