Sono passati quasi cinquant’anni dalla sua morte, eppure la figura iconica di Che Guevara resta presente e ancora misteriosa nell’immaginario di molti: chi era veramente il Che? Un medico, un rivoluzionario, un filosofo, un avventuriero, un ministro, un simbolo… l’ultimo libro dello scrittore trapanese Marco Rizzo* è un completo e scorrevole ritratto di un uomo al di là del mito. “Storia segreta di Che Guevara”, edito Newton Compton per la collana “I volti della storia”, racconta con chiarezza la breve ma intensa esistenza dell’icona vivente di una rivoluzione, il libro è anche uno strumento utile per conoscere le tante sfaccettature del Che e l’eredità pop e politica della sua figura.
Sul “Comandante” esiste una ricca bibliografia, cosa ancora doveva essere raccontato di Che Guevara?
È vero, sono state scritte migliaia di pagine sul Che. Alcuni libri, come quello di Paco Ignacio Taibo, sono dei capolavori della letteratura. Eppure c’è ancora tanto da raccontare. Ad esempio, sono stati desecretati solo di recente i rapporti della Cia sulle operazioni a Cuba e in Bolivia. Inoltre si scoprono sempre nuovi dettagli sugli aspetti ancora oscuri della sua vita, come ad esempio le circostanze della sua ultima partenza da Cuba e l’attualità ci rincorre con inevitabili riferimenti a quello che resta dell’eredità del Che.
“Todos somos americanos”, il 17 dicembre scorso, con delle dichiarazioni storiche Raul Castro e Obama annunciano il disgelo fra i due paesi dopo più di mezzo secolo di tensioni. Cosa resta del Che e della rivoluzione alla luce della recente apertura degli Usa verso Cuba?
Staremo a vedere, la situazione è ancora molto fluida anche se sembra che le ultime notizie, comprese quelle provenienti dalla recente conferenza panamericana, facciano pensare che il piano di Raul Castro e Obama vada in porto. Di certo quell’embargo era anacronistico e incoerente, e d’altro canto la fine dell’isolamento molto probabilmente porterà ad un alleggerimento della repressione. Cosa resterà? Dipenderà se, ancora più di adesso, la figura del Che verrà utilizzata come santino ideologico del regime (non credo) o come icona quasi turistica (più probabile). Chissà, forse invece questa apertura porterà a far conoscere meglio tra gli statunitensi le critiche che Guevara muoveva all’Imperialismo…. Critiche in gran parte ancora valide.
Il libro propone anche un’analisi “post-guevariana”. Fumetti, cinema, musica, persino un merchandising con l’icona del “Che” hanno contribuito a mitizzare la sua figura. In quali casi, secondo te, è stata “usata” a sproposito?
Ormai quell’immagine è patrimonio dell’umanità, con tutto quello che ne consegue. Diciamo che non può che sembrare vergognoso che operai sfruttati nel terzo mondo stampino le famose magliette. Mi pare poi che il tentativo di far diventare il Che un’icona dell’estrema destra moderna sia maldestro, incoerente, ignorante e inopportuno.
Non è la prima volta che un tuo libro parla del Che, nel 2011 è stata pubblicata per Becco Giallo la graphic novel “Que viva el Che Guevara” realizzata da te e dall’illustratore Lelio Bonaccorso. Due libri differenti che si rivolgono a lettori diversi?
A parte che il linguaggio è ovviamente differente, in questa occasione ho avuto molto più spazio a disposizione per raccontare questa figura così complessa e sfaccettata. Inoltre la graphic novel edita da Beccogiallo si occupava soprattutto della curiosa storia della celebre foto del Che di Alberto Korda, diffusa da Giangiacomo Feltrinelli e oggi ritratto più famoso del Che.
In quali aspetti ha funzionato il socialismo a Cuba e in quali invece è stato un fallimento?
All’interno di questo mio saggio c’è una lunga digressione sulla Cuba di oggi e sull’effettiva applicazione dei modelli socialisti o comunisti. Posso certamente dire, in breve, che la sanità, e l’istruzione a Cuba hanno dei livelli altissimi, nonostante le difficoltà dovute all’embargo, e la disoccupazione è davvero molto bassa. La libertà di parola però è tutt’altro che garantita e vi sono i soliti problemi di approvvigionamento, mercato nero, opportunità di autodeterminazione, viaggi che abbiamo già visto al di là della cortina di ferro.
A proposito di combattenti, sei autore di alcuni libri su diverse figure importanti del XX secolo, da Peppino Impastato a Mauro Rostagno, da Ilaria Alpi al polacco Jan Karski. Chi sono i “combattenti” del nostro tempo?
Alcuni sono molto noti, e cito su tutti Gino Strada. Ma mi piace ricordare che ci sono tanti insegnanti, medici, giornalisti, educatori, attivisti che combattono quotidianamente e spesso silenziosamente le ingiustizie.
Nella recente graphic novel, sceneggiata da te ed illustrata da Lelio Bonaccorso, si parla di Jan Karski, esponente del gruppo polacco di resistenza al nazismo. Un eroe dimenticato e ignorato ai tempi anche dagli alleati… tornato alle cronache grazie anche al vostro libro. Come siete stati accolti nel vostro recente viaggio in Polonia?
Molto bene. I lettori polacchi si sono stupiti che fossimo entrati in contatto con quella storia e per la precisione e la fedeltà con cui abbiamo raccontato la resistenza polacca durante la Guerra. Le istituzioni che ci hanno ospitato e hanno contribuito al nostro tour/viaggio studio, su tutte l’Istituto di Cultura Polacca di Roma erano molto contente e soddisfatte.
*Editor, autore e giornalista, Marco Rizzo ha scritto per diverse testate nazionali e regionali fra cui La Sicilia, Ansa, Wired. È autore della fiaba “La mafia spiegata ai bambini”, del testo teatrale “La mafia normale”. Ha sceneggiato le graphic novel sulle vite di Che Guevara, Ilaria Alpi, Mauro Rostagno e Peppino Impastato, Marco Pantani (Beccogiallo). E’ autore del libro-inchiesta “Supermarket mafia” (Castelvecchi). Del 2014 è la graphic novel dedicata a “Jan Karski, l’uomo che scoprì l’Olocausto” (Rizzoli/Lizard). Le sue opere sono state tradotte e pubblicate in Francia, Olanda, Spagna, Stati Uniti e Polonia e pagine dalle sue graphic novel sono state esposte a Napoli, Perugia, Ravenna, Parigi e Seul. Per info: www. thewarbulletin.com.