Avrei dovuto scrivere queste pagine già da qualche giorno, ci tenevo, Michel Houellebecq è uno scrittore che conosco, un intellettuale degno di questo nome e capace di cogliere aspetti del nostro tempo attraverso uno stile narrativo sorprendente. Ho sempre letto i suoi libri sia in francese che in traduzione e il precedente romanzo “La carta e il territorio” mi è piaciuto parecchio. È molto sorprendente come questo scrittore e accade in tutti i suoi libri riesca a portare il lettore oltre la cinquantesima pagina senza che se ne accorga, dandogli la sensazione che è il narratore o addirittura l’autore stesso a dialogare con il lettore raccontando episodi della sua esistenza. Io, ad esempio, ci casco sempre, penso che Houellebecq si inoltri in una confessione autobiografica, salvo poi scoprire che si tratta di una narrazione in prima persona del personaggio principale del romanzo. Per fare più in fretta avevo deciso di leggere il testo in lingua francese, poi è successo quello che tutti sappiamo: l’attacco terroristico di Parigi. Tutto quello che abbiamo visto, la paura provocata dalla drammaticità dei fatti e dal duro attacco sferrato ai danni della libertà di espressione mi ha annichilito. Le coincidenze a volte sono davvero sorprendenti perché il libro dello scrittore francese è uscito proprio in quei giorni, con una coincidenza ancora più inaspettata che tutti conoscono perché i giornali ne hanno ampiamente parlato e che riguarda il tema del libro che ipotizza la presa del potere, attraverso libere elezioni, dei musulmani in Francia. A questo punto mi sono fermato, ho messo giù il libro, non riuscivo a continuare la lettura, mi dava fastidio il fatto che tutti ne parlassero,che il libro venisse sfruttato in veste giornalistica perché dava un facile spunto per commentare i tragici fatti di Parigi. Poi sono seguite una pletora di recensioni del libro fatte in tutti modi e da personaggi più o meno autorevoli che mi hanno spinto a pensare che era del tutto inutile aggiungere la mia a tante voci. Ora però, dopo aver letto l’ultima pagina e aver chiuso finalmente il libro posso dire che molti di quelli che hanno detto di aver letto il libro hanno solo costruito i loro testi critici basandosi sulla quarta di copertina. Michel Houellebecq in “Sottomissione” racconta la storia di un professore universitario quarantenne con una dimensione esistenziale in crisi perché mostra una piena inettitudine nell’affrontare i rapporti umani con l’altro sesso. Vive una vita tutto sommato di successo, insegna letteratura francese ed ha scritto saggi importanti sullo scrittore del naturalismo francese Joris Karl Huysmans, autore meno conosciuto della cerchia dei suoi amici di cui faceva parte Emile Zola e Gustave Flaubert. Nello scenario fantapolitico di un’imminente presa del potere dei musulmani in Francia il professore universitario viene colto alla sprovvista andando incontro ad una serie di disavventure personali e lavorative. Il momento più difficile dell’esistenza di questo ennesimo personaggio del romanzo moderno che mostra incapacità di vivere, viene espresso con parole in cui è facile riconoscersi e condividere e con cui vorrei concludere questa recensione: “si ha nostalgia di un luogo per il semplice fatto di averci vissuto, poco importa se bene o male, il passato è sempre bello, e in effetti anche il futuro, a far male è solo il presente, che portiamo con noi come un ascesso di sofferenza che ci accompagna tra due infiniti di quieta felicità.”
Vincenzo Piccione