Il 7 gennaio del 2015, purtroppo, è destinato a passare alla Storia. Questa data sarà infatti ricordata come quella in cui si è consumato uno dei più gravi e sanguinosi attacchi alla libertà di stampa e di espressione. Tanto, giustamente, si sta scrivendo in queste ore a proposito della strage consumatasi ieri mattina a Parigi, nella redazione del settimanale satirico “Charlie Hebdo”. E tanto ancora si scriverà nei prossimi giorni. Molti torneranno ad agitare lo spettro della “guerra tra civiltà”. Altri, magari, replicheranno dicendo che i terroristi hanno sempre torto, ma che anche i vignettisti francesi avevano esagerato… Quel che ci preme ribadire adesso, “senza se e senza ma”, è che la cultura islamica non può essere rappresentata dai cecchini che ieri hanno seminato il terrore nella capitale transalpina e che giustamente sono stati definiti “barbari” dal rettore della moschea di Parigi. E che, al contempo, non esiste un articolo o una vignetta che possa giustificare una reazione del genere.
La libertà di informazione è una delle colonne portanti degli Stati democratici e non può essere barattata in alcun caso. Ed è bene, però, che i nostri governanti, a tutti i livelli, se ne ricordino quotidianamente. Non solo di fronte a una strage o a un attentato terroristico. Ma ogni giorno, anche quando leggono articoli poco graditi o sconvenienti per la propria immagine o per la propria carriera politica. Non ci si può indignare per il tragico destino dei redattori di “Charlie Hebdo”, dimenticando che nel nostro Paese sono stati uccisi Walter Tobagi, Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Pippo Fava, Mario Francese, Giovanni Spampinato, Beppe Alfano, Carlo Casalegno, Peppino Impastato, Mauro Rostagno, Giancarlo Siani. E che altri 15 cronisti italiani sono stati uccisi mentre cercavano di raccontare le contraddizioni di alcuni tra i più sanguinosi conflitti del dopoguerra. Senza contare i giornalisti o gli artisti (come Daniele Luttazzi) da anni ostracizzati e messi ai margini per aver osato cantare fuori dal coro. L’auspicio è che in queste ore, accanto allo sgomento, trovi spazio anche una riflessione più articolata sul valore della libertà di espressione. E che ogni giornalista che rischia la vita (o il posto di lavoro) per i propri articoli possa contare sulla protezione e il sostegno della propria comunità.
Ps: Le redazioni di itacanotizie.it e del quotidiano Marsala C’è aderiscono alla campagna “Siamo tutti Charlie Hebdo” lanciata dalla giornalista Kelly Velazquez, che sta già raccogliendo migliaia di adesioni in tutto il nostro Paese. Una scelta simbolica, ma doverosa, in difesa della libertà di stampa e della libertà d’espressione.
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