Ci risiamo, dopo l’effetto nullo degli 80 euro in busta paga, il Governo Renzi ci riprova proponendo di inserire in busta paga il TFR.
Ma cos’è il TFR? Semplice… TFR è acronimo di Trattamento di Fine Rapporto che, in gergo da bar è maggiormente conosciuto come la cosiddetta “Liquidazione“.
Normalmente, e fino ad oggi, il TFR rappresenta una misura obbligatoria con cui lo Stato obbliga i lavoratori ad accumulare parte dello stipendio mensile, in modo da agevolare un’eventuale perdita del posto di lavoro oppure, nei casi in cui il lavoratore abbia i requisiti per andare in pensione, avere diritto all’incasso di questo fondo per rendere più agevole il periodo nel quale andrà in pensione.
In parole povere? Il TFR è una misura di risparmio forzoso…Immaginiamo un cassetto dentro il quale inseriamo 100 euro al mese e poi, dopo una vita a lavorare ritroviamo i 100 euro che, rivalutati annualmente, sono diventati 120.
Il TFR può già essere anticipato, in maniera parziale, per eventi eccezionali, come ad esempio nei casi in cui il lavoratore dipendente decida di acquistare una casa.
La misura che si sta pensando di mettere in atto rischia di stravolgere completamente il criterio per cui il TFR fu creato. In questo caso non è più lo Stato che immette (seppur con determinati meccanismi) dei soldi in busta paga, come nel caso degli 80 euro (che poi in realtà 80 non lo sono mai stati), ma attinge ai risparmi che i lavoratori mettono da parte per il loro futuro.
Dopo le prime critiche, si sta iniziando a valutare una sorta di “opzione” che il lavoratore dovrebbe mettere in atto, comunicando la volontà al datore di lavoro di voler ricevere la somma in questione piuttosto che accumularla per riceverla alla fine del rapporto di lavoro.
Ma che succederà se i lavoratori riceveranno il TFR in busta paga?Assolutamente nulla. Non si avrà l’aumento dei consumi auspicati, ma bensì si rischierà di complicare ulteriormente l’economia del paese. Le imprese, soprattutto quelle artigianali, mantengono il TFR in azienda e lo usano per colmare la difficoltà di accesso al credito delle banche per cui, attualmente, se dovessero ricevere una richiesta del genere da parte dei lavoratori, rischierebbero una carenza di liquidità, proprio in un periodo in cui le banche non pensano minimamente di aprire i loro rubinetti per aiutare le imprese italiane!
A mio parere, si prospetta l’ennesimo flop legato a messaggi mediatici di gente che non ha mai lavorato e non ha mai visto una busta paga.
Se renderanno le misure opzionali, i datori di lavoro, cercheranno di optare, in accordo con i dipendenti, di non concedere loro il TFR in busta paga, semplicemente perché non potranno permetterselo; se invece dovessero renderlo obbligatorio, le imprese entreranno ancora più in crisi, e i lavoratori si ritroveranno con un centinaio di euro in più in busta paga, rinviando il problema alla fine del rapporto di lavoro.
Un altro aspetto negativo si ha sotto il punto di vista della tassazione. Attualmente il TFR viene tassato sulla base della media degli ultimi cinque anni, inserendolo in busta paga, si rischia che lo stesso sia tassato ad aliquote più alte, vanificando ulteriormente il senso di questa misura ma finendo per favorire solamente ulteriori entrate fiscali statali.
Anche Giorgio Squinzi, il Presidente di Confindustria, si è scagliato contro il TFR in busta paga dichiarando:”L’unico reale beneficiario di questa operazione sarebbe il fisco. Nulla che possa nuocere ulteriormente alle imprese è tollerabile. Se questa è la strada la risposta è semplice. È no“.
Ma la misura dell’anticipo del TFR vale anche per gli statali? A quanto pare alcuni addetti ai lavori dicono che i dipendenti statali potrebbero essere esclusi da questo provvedimento…
E a questo punto…
Di cosa stiamo parlando?
Le solite fuffe…
Fabrizio Canino