Giornalista indipendente, protagonista di importanti inchieste sul Muos e sulla militarizzazione del territorio siciliano, Antonio Mazzeo ha deciso di candidarsi alle elezioni europee con la lista Tsipras.
Come sta vivendo quest’avventura elettorale e cosa pensa di portare della sua esperienza professionale al Parlamento Europeo?
La candidatura era quasi un atto dovuto rispetto al lavoro di denuncia portato avanti in questi anni, in particolare contro la guerra. In questi anni abbiamo scritto di guerre nei Balcani, nel Corno d’Africa, ma nel momento in cui la guerra è stata importata nel Sud Italia e in Grecia, condannando migliaia di persona alla povertà più estrema, non potevamo tirarci indietro. Non è pensabile che quest’Europa, costruita su ideali di pace, per superare le contraddizioni e i conflitti dopo la Seconda Guerra Mondiale, si trasformi anch’essa in un’area in cui guerre e distruzioni vengano perpetuate di giorno in giorno. Rispetto al lavoro fatto finora, c’è la voglia di invertire la rotta rispetto a una guerra d’esportazione che vede Europa e Nato partecipare assieme a missioni internazionali belliche. Ma anche di invertire la rotta rispetto alla guerra scatenata nel Mediterraneo, contro migranti e migrazioni. Abbiamo il dovere di impegnarci per un’Europa capace di parlare di persone e di popoli.
La Sicilia ha un ruolo geograficamente strategico. Ma la storia di questa terra spesso è stata scritta da altri, sulle spalle dei suoi abitanti. C’è la voglia di rimettere al centro dell’agenda setting politica i temi che stanno veramente a cuore al popolo siciliano?
Non è pensabile che questa terra continui ad essere sacrificata all’altare della guerra. Non è pensabile che continui ad essere la piattaforma da cui partono le operazioni di bombardamento a livello internazionale. O peggio ancora, come avviene in provincia di Trapani, che diventi sempre più il ghetto in cui confinare i migranti in condizioni disumane. Il fatto che l’Unione Europea deleghi alla Sicilia questo ruolo di morte e concentrazione della sofferenza, pone grossi problemi sulla possibilità di ripensare un altro modello, capace di dare risposte ai bisogni reali e alla richiesta di occupazione. I processi di militarizzazione e la trasformazione in lager per migranti colpiscono e impediscono qualsiasi possibilità di sviluppo economico. Una delle battaglie che vanno fatte, ad esempio, è la smilitarizzazione dell’aeroporto di Trapani che dovrebbe diventare un aeroporto civile a tutti gli effetti. Non è pensabile che una crisi internazionale blocchi i voli commerciali, producendo una crisi economica che poi finisce per ripercuotersi sul turismo. E’ quello che è accaduto tre anni fa, con la guerra in Libia, dimostrando che i processi di militarizzazione colpiscono le occupazioni. La stessa cosa sta accandendo in Sicilia Orientale, con la base di Sigonella.
Spesso, come scriveva Pippo Fava all’inizio degli anni ’80, in queste dinamiche si inserisce anche Cosa Nostra. Dopo l’istituzione della prima Commissione Europea Antimafia, quant’è importante un maggiore coinvolgimento dell’Unione nella lotta alle mafie?
Credo che buona parte dei paesi europei abbiano già compreso che la mafia non è localizzabile solo nel Sud Italia. Oggi i capitali finanziari grigi, prodotti dai grandi traffici di droga e armi, viaggiano tranquillamente nei mercati europei ed extraeuropei. L’Unione non può che uniformare le leggi degli Stati membri per colpire i capitali mafiosi e per vigilare sugli spostamenti dei capitali. Pensare di contrastare le mafie solo a livello locale o nazionale è ormai antistorico, perché non tiene conto della complessità della grande finanza.
Un pensiero per Rostagno, in attesa della sentenza…
Io mi auguro ovviamente che sia fatta giustizia e che i presunti esecutori paghino. Mi auguro anche che vadano avanti le inchieste fino a quando non coglieremo le ragioni reali e i mandanti dell’omicidio di Rostagno. Una vicenda che matura come i grandi omicidi selettivi compiuti dalla mafia nel nostro territorio e che vede la copertura degli organi dello Stato e interessi che vanno dal traffico di armi al traffico di droga, all’uso militare che si fece del territorio per ospitare Gladio. Proprio per questo, come fu nel caso di Peppino Impastato, la battaglia di democrazia e verità non si fermerà con la sentenza sugli esecutori, per andare in fondo agli interessi che si celano dietro quest’omicidio efferato.