Il riposo è quello che ci vuole

redazione

Marsala

Il riposo è quello che ci vuole

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martedì 01 Ottobre 2019 - 06:03

Ci siamo presi una pausa da “MammAvventura”. Una pausa per ricaricarci un po’, per riposarci, per andare in ferie. Come fanno gli editorialisti, quelli fighi. La verità è che tra lavoro, figli e gravidanza, diventa tutto più difficile.

Durante questi mesi di astinenza, avrei voluto raccontare moltissime cose. Tante ansie, preoccupazioni, paranoie da mamma bis. Tante nausee e notti insonne. Invece, le ho tenute tutte per me. Come fanno sempre le mamme.

In questo periodo abbiamo conosciuto le minacce di aborto ed il progesterone. Abbiamo riscoperto il terrore delle siringhe e abbiamo finto (ma poi mica tanto, in realtà) di essere coraggiosi mentre l’infermiera o chi per lei ci punzecchiava le natiche senza nemmeno troppa mira.

Ci è stato detto di stare a riposo. Facile quando lavori otto ore al giorno, torni a casa e trovi tua figlia che ti aspetta per giocare e tuo marito è fuori città.

Il riposo è quello che ci vuole, non avevamo bisogno del dottore di turno per saperlo. Ma sentirselo dire ci mette davanti ad una scelta: o ti riguardi o, alla fine, te ne penti.

Per cui il ferragosto l’abbiamo trascorso a casa, i giorni a seguire pure. Guardando quella pila di piatti che avrei voluto lavare e che, invece, mi risparmiavo di fare. In attesa che qualche mamma o suocera venisse ad aiutarmi. Deus ex machina.

Il mese di agosto, ma anche quello di settembre, li ho trascorsi in appartamento, sola, senza aria condizionata. Non devo aggiungere altro.

Comunque, adesso pare che stiamo bene. Il bambino, soprattutto. Io ho avuto le chiappe un po’ doloranti, ma non ci lamentiamo.

Ad affrontare situazioni difficili non sono la prima e non sarò l’ultima. E, soprattutto, non sono la sola.

Adesso la pancia cresce e si sentono i primi movimenti. Mangerei notte e giorno, ma se mi viene in mente di mangiare un’insalata occorrono sei-sette minuti di lavaggio nel bicarbonato. Se ho voglia di dolci devo stare attenta a non esagerare. Se mi viene in mente di mangiare sushi, devo aspettare ancora qualche mese. Insomma, quasi quasi a mangiare ci rinuncio.

Sono ammessi verdura cruda e frutta soltanto ben lavata, salmone no, tonno no, pesce spada no, ricci no, cozze manco a parlarne, cruditè di pesce no, prosciutto crudo/salame/bresaola/speck no, ricotta, a quanto pare, no. Ma che ci campo a fare, ogni tanto mi chiedo.

E poi il prezzemolo. Piccoli pezzettini di prezzemolo crudo presenti in ogni dove, in ogni quando, in ogni come. Odiosi, come quella canzone di quel tizio di Amici che solo ora mi viene in mente, Valerio Scanu.

Ma soprattutto, birra no. Capite, birra no. La notte sogno un panino con provola e salame alle erbe, birra ghiacciata e mi sveglio con la bava alla bocca.

A fine settembre ci sono ancora trenta gradi, boccheggio in ricerca di un alito di vento e vado dove mi porta l’ombra.

Quando vedo un’altra pancia dondolare con poca grazia per strada, con le sembianze di un ippopotamo sudato, i vestiti sempre troppo aderenti che sembra uscire da un night club o quelli premaman appena acquistati, troppo larghi e troppo poco femminili, rivedo me stessa e quella sensazione di trascinarmi in giro per le vie di Marsala come Cristo con la croce in processione. La stessa andatura, la stessa espressione sofferente sul viso.

Eppure i famosissimi saggi che sto rileggendo per arrivare pronta all’esame finale, quello del parto per intenderci, affermano che questo è il trimestre in cui la donna gravida è raggiante, i capelli sono lucenti, lo sguardo è luminoso, la pelle del viso è liscia come il culetto di un bambino.

I miei ormoni saranno un po’ strani, perché tutto sto splendere di luce propria non lo vedo ancora.

Ma non ci perdiamo d’animo, del resto, lo sappiamo, il peggio deve ancora venire.

Michela Albertini

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