Nel corso dell’udienza svoltasi ieri mattina presso il tribunale di Trapani è terminato l’esame della teste Annamaria Emmolo ed è stata sentita anche l’allora tenente della Guardia di Finanza di Alcamo, Veridiana Pisa, sulle indagini concernenti i lavori del Porto di Castellammare del Golfo.
È durato circa tre ore, mercoledì mattina, davanti al collegio dei giudici del tribunale di Trapani, l’esame della teste Vitalba Palmeri, fino al 2015 amministratrice della Dafne Consulting, la cooperativa facente parte della galassia di società creata e gestita occultamente, secondo la magistratura trapanese, da Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo.
L’inchiesta della procura di Trapani, denominata “Affari Sporchi”, nel maggio del 2016, aveva portato all’arresto dell’esponente storico del PSI alcamese, il quale, insieme ad alcuni sodali, Maria Lucia Perricone (detta Mary), Marianna Cottone ed Emanuele Asta, coimputati nel processo in corso, veniva accusato di vari reati: associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, truffa aggravata, corruzione.
Nello specifico, l’indagine portata avanti dai pubblici ministeri Marco Verzera e Rossana Penna, è scaturita dall’operazione congiunta delle fiamme gialle di Trapani e di Alcamo, avvenuta nel 2010, concernente i lavori del porto di Castellammare del Golfo e conclusasi con il sequestro del cantiere (link Operazione Nettuno). Il lavoro degli inquirenti si è concentrato soprattutto nell’attività di intercettazione effettuata nei locali, siti in via Goldoni n.6 ad Alcamo, dell’ex Cea, una delle società della consortile Nettuno, quest’ultima, secondo i magistrati, fatta fallire artatamente da Pasquale Perricone grazie all’aiuto di alcuni soggetti che fungevano per lo più da suoi prestanome. Gli affari dell’ex vicesindaco, secondo quanto sostenuto dall’accusa, si estendevano non soltanto nel campo degli appalti dei lavori pubblici, ma anche della formazione professionale. In questo secondo ambito, operavano diverse società ed in particolare la Promosud s.r.l., rappresentata legalmente da Marianna Cottone, e la Dafne Consulting, amministrata invece da Vitalba Palmeri. Quest’ultima, come suddetto, assistita dall’avvocato Savino Caputo, è stata sentita mercoledì mattina nell’aula del tribunale di Trapani intitolata al magistrato Giangiacomo Ciaccio Montalto. L’esame della teste si è svolto dinanzi al presidente del collegio, il dottore Enzo Agate, il quale è subentrato dalla scorsa udienza al dottore Piero Grillo. Il presidente Agate è coadiuvato dai giudici a latere la dottoressa Chiara Badalucco e la dottoressa Roberta Nodari.
Il collegio dei giudici, prima dell’interrogatorio della teste, ha acquisito la sentenza di patteggiamento della signora Palmeri, la quale, dunque, è già stata giudicata per questo processo. La testimone, interrogata per prima dal pubblico ministero, la dottoressa Rossana Penna, ha raccontato i suoi rapporti di lavoro con Pasquale Perricone, cominciati nell’ottobre del 2012 in occasione della campagna elettorale per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana. L’esponente politico stava partecipando, infatti, dopo le sue dimissioni ad agosto dello stesso anno da vicesindaco di Alcamo, a tale consultazione elettorale come candidato della lista Il Megafono a sostegno del candidato alla presidenza della Regione, Rosario Crocetta. Vitalba Palmeri, quindi, ha iniziato a lavorare mediante un contratto di collaborazione con la IMEX Italia s.r.l., l’unica società di Import/Export, tra le tante occultamente gestite da Pasquale Perricone, nella quale figurava invece come amministratore. Successivamente, nel 2013, è stata assunta con un contratto a tempo indeterminato dalla Promosud s.r.l., all’epoca avente sede in via Ferro ad Alcamo, con il compito di registrare le fatture di acquisto di altre cooperative riconducibili all’ex vicesindaco, come la Paidos e la Work in Progress. Sempre in questa sede, la teste, operava come segretaria di un corso di formazione della Espet di Trapani, un ente dietro al quale si celava, per la procura, la gestione di Perricone. Gli uffici siti al primo piano di via Ferro erano suddivisi in tre stanze: una era occupata dall’ex esponente del PSI, una da Marianna Cottone, e l’altra da Vitalba Palmeri. Detti locali, venivano frequentati anche da altri due soggetti, Santo Frazzitta e Francesca Cruciata, coinvolti nell’inchiesta della magistratura trapanese: il primo, per aver funto da prestanome di Perricone ricoprendo la carica di amministratore della Work in Porgress; la seconda, nella qualità di consulente contabile dell’ex vicesindaco, lo consigliava e si rendeva anche disponibile a trasferire presso il proprio studio le sedi legali di alcune società cooperative. Nel giugno del 2014, quando la Promosud si è trasferita in via Goldoni, viene acquisita la Dafne Consulting, una società con sede in via Trinacria a Palermo, che era accreditata alla Regione Sicilia e che, dunque, era importante per poter ottenere finanziamenti del Fondo Sociale Europeo e della Regione Sicilia. A questo punto, il Perricone chiedeva a Vitalba Palmeri di rivestire la carica di amministratrice della società Dafne, fungendo da prestanome dello stesso. L’acquisizione, secondo il racconto della teste, è stata fatta conferendo del denaro in detta società proveniente dalla Promosud, dalla Paidos e dalla Work in Progress. La transazione, invece, sarebbe stata effettuata da Pasquale Perricone e Marianna Cottone. La signora Palmeri, quindi, formalmente divenuta legale rappresentante della Dafne, seguiva le indicazioni dei due soggetti citati, provvedendo alla predisposizione del carteggio indispensabile allo svolgimento apparente di alcuni corsi di formazione, redigendo documenti contabili falsi, fraudolente dichiarazioni e false fatture per operazioni inesistenti. Inoltre, la teste si rendeva disponibile operando alla sovrafatturazione di prestazioni di servizi, dovendo restituire al Perricone il 70% del corrispettivo ricevuto in contanti, così come offriva la propria disponibilità nella qualità di docente di alcuni corsi insieme all’ex marito, Fabio Bardi, emettendo false fatture. Dunque, secondo tale testimonianza, Pasquale Perricone gestiva e dirigeva le società Promosud e Dafne. Era lui a decidere chi assumere e come pagare, e allo stesso dovevano essere restituiti in contante parte dei soldi della busta paga. Una condizione accettata da Vitalba Palmeri e dettata dalla necessità di lavorare. Necessità che la portava anche ad intestarsi fittiziamente carte di credito, come una post-pay presso l’agenzia delle poste, consegnata all’ex vicesindaco e finita in uso a Cuba, nelle mani di una persona di fiducia del politico alcamese. Inoltre, sempre per sua disposizione apriva un conto corrente presso la Don Rizzo di Alcamo. L’operatività della teste su detto conto si limitava al pagamento degli F24 e ai prelievi allo sportello; al contrario, non ha mai operato online in qualità di amministratrice della società fino al 29 maggio del 2015, quando ha rassegnato le sue dimissioni a Pasquale Perricone. Una decina di giorni dopo, l’8 giugno, in concomitanza del sequestro dei locali di via Goldoni da parte delle fiamme gialle, viene perquisita anche l’abitazione della signora Palmeri. Verranno rinvenute, nell’ambito dell’operazione della guardia di finanza, la documentazione relativa anche alle società riconducibili all’ex vicesindaco e di cui la teste, comunque, avrebbe dovuto essere estranea. La richiesta di conservazione di tali documenti da parte di Pasquale Perricone era stata fatta nel mese di maggio, prima delle dimissioni di Vitalba Palmeri da legale rappresentante della Dafne. Nel corso dell’esame effettuato dalla difesa di Pasquale Perricone, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Benenati è stato chiesto alla teste se avesse lavorato in passato alla Cosep. Infatti, tra il 2010 e il 2011 la signora Palmeri e l’allora coniuge operavano per tale società, presso la quale l’ex vicesindaco aveva acquistato un programma gestionale, e così iniziavano i rapporti con lo stesso. Il marito, Fabio Bardi, dopo essersi licenziato nel maggio del 2011, ha lavorato inoltre per la IMEX. L’avvocato Benenati ha poi chiesto alla teste se i contrasti sorti tra l’ex marito e il Perricone fossero riconducibili all’attività di franchising che Fabio Bardi avrebbe intrapreso contemporaneamente allo svolgimento del suo lavoro presso la società dell’ex vicesindaco. La teste ha escluso che questi fossero i motivi. Inoltre, il legale ha chiesto alla signora Palmeri di precisare i rapporti tra la madre della stessa e Pasquale Perricone. Al quesito Vitalba Palmeri ha risposto che la madre è cugina dell’ex esponente politico del PSI alcamese.
Nel corso dell’udienza svoltasi mercoledì mattina è terminato anche l’esame della signora Annamaria Emmolo, alla quale è stato chiesto di precisare l’ubicazione dei locali della Promosud (società omonima di quella che si occupava di formazione professionale) della quale facevano parte le imprese riconducibili al gruppo Emmolo e la Cea (quest’ultima amministrata sempre occultamente da Perricone secondo la magistratura), e precisamente in via Tre Santi, poi, divenuta, con il cambio della toponomastica di Alcamo, via Goldoni. Quindi, nei locali storici della Cea era collocata la galassia di società dietro alle quali secondo l’inchiesta Affari Sporchi si celava la regia di Pasquale Perricone.
Mercoledì mattina, è stata sentita inoltre l’allora tenente della Guardia di Finanza di Alcamo, Veridiana Pisa, la quale ha svolto le indagini sui lavori del Porto di Castellammare del Golfo. Nello specifico, dal magistrato è stato chiesto all’ufficiale delle fiamme gialle di fornire una descrizione relativa al momento in cui la figura di Pasquale Perricone e quella della cugina, Mary Perricone, nel corso delle indagini sull’appalto del porto di Castellammare del Golfo, sono comparse. La teste ha specificato che già, nel 2004, quando avviene l’associazione tra la Cea e la Coveco, in vista della gara di appalto dei citati lavori, è venuta fuori la figura dell’ex vicesindaco. Un altro momento nel quale è emerso l’interessamento di Perricone al cantiere del porto di Castellammare è quello in cui si verificano i problemi del non funzionamento del c.d. sistema di ribaltamento dei costi affrontati dalla Nettuno. L’ex vicesindaco avrebbe cercato di convincere Coveco a non estromettere la Cea, che deteneva l’80 % della consortile, dall’appalto. Per quanto concerne la figura di Mary Perricone, oltre ad essere legata sin dall’inizio ai lavori del porto, compariva dopo il marzo 2011, in qualità di rappresentante legale della Magara s.r.l., quando, mediante il liquidatore della Cea, il dottore Pasquale Russo (imputato in un processo parallelo), riuscì ad ottenere il recupero crediti della Cea. Infatti, con la liquidazione coatta della CEA, successiva di pochi mesi al fallimento della Nettuno (gennaio 2011), vennero fuori le uniche poste attive della società: i crediti che vantava da altri appalti con Coveco, le certificazioni SOA, alle quali era interessata la IMEX di Perricone, e i macchinari, che sono stati acquistati da una società riconducibile a Domenico Parisi, altro prestanome, per l’accusa, dell’ex vicesindaco. In questa operazione un ruolo importante è stato svolto anche da Massimo Vancini, legato allora a Mary Perricone, il quale curava altresì i rapporti con le cooperative del nord Italia. Tali rapporti sono venuti fuori nel corso dell’indagine e riguardano la vicenda della transazione extra giudiziale avvenuta tra il Comune di Alcamo e il Consorzio Ravennate, avente ad oggetto l’appalto dei lavori di urbanizzazione dei contrada SASI (1° stralcio). La Magara, infatti, faceva parte del gruppo Demostene, riconducibile al Vancini, e all’interno del Consorzio Ravennate. Infine, altri due testi, appartenenti alle forze dell’ordine sono stati sentiti dal pubblico ministero. La prossima udienza è stata fissata al 28 novembre 2018.
Linda Ferrara