Diciamoci la verità: un po’ ce lo aspettavamo, un po’ siamo rimasti a bocca aperta. L’ennesima sparata del ragazzone olandese, quello che ha passato quattordici anni a fare il premier di un Paese pieno di acqua e di piste ciclabili e che nel tempo libero si diletta con Chopin, ci ha colti – con una media paresi facciale – tra l’inquieto e l’incredulo. “Siamo il prossimo obiettivo della Russia e siamo già in pericolo”, ha scandito con l’aria di un professore un po’ alticcio, per quanto ancora prestante, anche se frustrato dall’ansia degli ultimi eventi e – per questo – costantemente sopra le righe. Probabilmente voleva richiamare la classe – gli alleati litigiosi e distratti – a concentrarsi di più sul problema principale, la Russia. Forse intendeva ricordare agli studenti svogliati e impreparati che bisognerebbe studiare più filosofia, con particolare attenzione alla “logica”; e, invece, mi sa che ha finito per impappinarsi sulle citazioni, consegnandosi senza pietà alla incredula platea: “bisogna trovare una mentalità da tempo di guerra come quella dei nostri nonni e bisnonni”. O forse, semplicemente, questa volta ha esagerato.
Alla faccia! In realtà sembrava reduce da una cena natalizia con qualche champagne di troppo. E non sarebbe la prima volta: online, fra le sue celebri frasi, si ricorda che – già da premier – amava concedersi battute improvvise, come quando definì il suo governo “il più noioso della storia”, salvo poi trovarsi a gestire crisi su crisi. E invece stavolta non era una battuta: l’ha detto davvero, con la stessa serietà con cui Trump avrebbe annunciato di voler prendersi la Groenlandia o di aspettarsi l’Istmo di Panama come regalo di Natale.
Ecco la riflessione che si impone: no, non c’è più la vecchia diplomazia. Quella diplomazia fatta di strappi e ricuciture, pazienza e piccoli passi, sembra ormai un ricordo lontano. Oggi, per farsi sentire, non basta più il sussurro o la trattativa, impostate sul buon senso: bisogna solamente abbaiare, e farlo più forte del cane che ci sta già ringhiando contro. Puoi inorridire, puoi rifugiarti dietro i moralismi, ma la logica è questa: o ci stai, oppure sei fuori dal gioco. Tempi alquanto strani e pericolosi. E Rutte – da perfetto medioman, verrebbe da dire – non delude mai: ci è cascato con tutte le scarpe. Lui la percepisce così, e forse – dal suo punto di vista – ci crede pure.
Tuttavia, bisogna ricordargli che è pagato anche per mantenere la calma e per difendere senza sparare ca**ate alla prima occasione utile. Come contraenti di questo simbolico “contratto NATO”, gli abbiamo consegnato le chiavi del nostro giardino, lo abbiamo profumatamente retribuito, e ci aspettiamo – come minimo – che non cada alle provocazioni, che non ceda all’istinto barbaro del sangue nemico, che non sbavi per misurare le sue prestazioni militari sul letto di “noi committenti”. Come massimo, che non appicch0i il fuoco alle sterpaglie del giardino dietro casa nostra, per poi magari vederlo scappare quando la casa è invasa dalle fiamme. E invece? alla prima occasione importante, eccolo che sbrocca, mandando in crash tutto il cucuzzaro e provocando una diarrea collettiva difficile da smaltire.
La verità è che dalla NATO ci si aspetterebbe un minimo di filtro, di equilibrio, di serietà istituzionale. Un po’ di aplomb, insomma. E invece no: come paparino Trump ci ha insegnato, ci ritroviamo a spiattellarci contro tutto e il contrario di tutto. Tali e quali ai bambini che si giurano odio eterno per un litigio a bordo campo, salvo poi tornare ad abbracciarsi a fine partita.
Bisognerebbe invece spiegare al signor Rutte, al dottor Rutte, che il primo dovere nella sua posizione non è quello di abbaiare. La prima regola per lui deve sempre essere la diplomazia. Quella che sembra smarrita da quelle parti. Peccato! Perché a forza di comprare soldatini e disporli sulla tavolozza da gioco, prima o poi si finisce per dichiarare guerra al primo che capita, o per attaccare il Kamchatka con le poche pedine rimaste, pensando che da lì a Mosca sia un tiro di schioppo.
Un consiglio. Fossi in lui, in questo Natale, farei tante saune. Si faccia invitare a Helsinki, dove la NATO è ormai di casa. Provi una di quelle splendide saune finlandesi: chissà che, a forza di scambiare temperatura, non gli torni un po’ di sensibilità in quel corpo aggranchito, segnato da una costante paresi facciale. Anche solo per rimettere in moto il cervello intorpidito. Ogni tanto un po’ d’aria, male non fa. Uno smartbox in tempi di Black Friday, che volete che costi …