Parte proprio da Palermo il primo report internazionale sul body shaming. Grazie al progetto europeo “Elephant Talk”, ideato dall’associazione palermitana Maghweb insieme a Impact Hub Labs, Polylogos e Young Educators, e con la collaborazione di sei Paesi europei – Croazia, Spagna, Slovenia, Grecia, Portogallo e Romania – giovani di tutta Europa sono stati coinvolti nella mappatura e raccolta di dati sull’odio di genere online. Questa prima indagine sulla violenza di genere digitale tra i 15 e i 30 anni ha rappresentato una straordinaria opportunità per due ragazze palermitane.
Si chiamano Lucrezia Biscardi e Asia Gelardi e insieme hanno presentato il report alle Commissioni del Parlamento europeo, dove hanno illustrato i risultati della prima raccolta dati Ue sul tema. «È stato emozionante intervenire a Bruxelles – racconta a Balarm Lucrezia Biscardi –. Eravamo circondati da persone impegnate nel sociale e c’erano europarlamentari pronti ad affrontare la questione. Ho avuto un po’ d’ansia, ma alla fine è andata benissimo: è stato gratificante sentirsi ascoltati da chi può davvero fare la differenza». L’iniziativa è stata promossa da Maghweb, realtà palermitana con cui la studentessa collabora già da tempo: «Ho conosciuto l’associazione nel 2021 grazie al progetto Zeasy, organizzato alla Zisa per aiutare ragazzi dai 14 ai 17 anni a ritrovare fiducia dopo la pandemia. Da allora siamo rimasti in contatto e ho partecipato anche a questo progetto, per il quale sono stati realizzati diversi sondaggi».
Il questionario, tradotto in tutte le lingue dei Paesi coinvolti – più inglese e catalano – ha interessato Italia, Grecia, Spagna, Croazia, Romania, Slovenia e Portogallo. «Dalla ricerca sono emerse molte informazioni – spiega Lucrezia –. Una delle principali riguarda il fatto che il body shaming, online, assume forme ancora più pesanti. È molto più facile nascondersi dietro uno schermo e insultare, anche se è un comportamento codardo. È un fenomeno molto diffuso che colpisce soprattutto donne e persone non binarie, anche se le differenze di genere non sono così ampie come si potrebbe pensare».
I dati parlano chiaro: il luogo dove più spesso i giovani vengono presi di mira per il proprio aspetto fisico è la scuola. «Circa l’80% degli studenti – riporta il report – chiede interventi educativi all’interno delle scuole». Un ambiente che accoglie ragazzi in una fase così delicata della vita deve essere tutelato con strumenti adeguati e spazi di dialogo. In Italia, il 22% dei giovani tra i 15 e i 30 anni dichiara di aver subito body shaming online, mentre l’85% afferma di averlo osservato nei confronti di coetanei.
Quanto agli effetti, il 65% segnala un peggioramento della salute mentale, mentre il 61% evidenzia l’emergere di comportamenti sociali problematici. «Avevamo molti temi da esplorare, ma abbiamo scelto questo perché mancavano dati concreti – spiega la project manager di Maghweb, Emilia Esini – e non esistono progetti che affrontino la questione direttamente nelle scuole. Alla luce di quanto emerso, è ormai urgente avviare percorsi di educazione affettiva e sessuale».
Lo studio, accompagnato da una serie di raccomandazioni per le politiche pubbliche, è consultabile sulla piattaforma stophatespeech.eu: uno strumento operativo pensato per politiche e istituzioni scolastiche, con l’obiettivo di contrastare e ridurre il body shaming online. Questo tipo di bullismo, sempre più diffuso, va combattuto attraverso l’educazione, che – nonostante i continui cambiamenti sociali – resta uno degli strumenti più potenti, ma ancora troppo poco utilizzati.