Sicilia sempre più piattaforma militare

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Sicilia sempre più piattaforma militare

Condividi su:

venerdì 04 Luglio 2025 - 06:45

Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato, con una certa enfasi, che la Sicilia sarà il primo luogo al di fuori dagli Stati Uniti in cui verranno fermati i piloti degli F-35”. In particolare, secondo le indiscrezioni diffuse da alcuni organi di stampa, l’aeronautica militare italiana starebbe pianificando di utilizzare la base aerea di Birgi, sede del 37° Stormo. In alternativa, la scelta potrebbe ricadere su Sigonella, sul versante orientale dell’isola.

La notizia, naturalmente, si presta a diverse interpretazioni. Resta il fatto che la Sicilia continua ad essere considerata come una piattaforma militare dal governo italiano, come dimostra la vicenda del Muos o quella dell’installazione (poi scongiurata) dei missili Cruise della Nato a Comiso, contro cui il compianto dirigente del Pci Pio La Torre convocò una mobilitazione che rimane una pagina memorabile della storia siciliana. Si dirà che sono occasioni di crescita per il territorio, ma sembra difficile immaginare che i paesi dell’entroterra non si spopoleranno più e giovani siciliani rinunceranno ad emigrare per andare a fare i piloti degli F-35.

Scegliere la Sicilia non significa averne a cuore lo sviluppo, ma utilizzarne la sua collocazione geografica e approfittare della maggiore accondiscendenza dei suoi amministratori rispetto ai colleghi di altre regioni. Al contempo, annunci del genere, fanno capire che il governo nazionale non ha alcuna idea sistemica sul rilancio economico e sociale della Sicilia e del Mezzogiorno, in generale. Un giorno si parla di Stretto di Messina, un altro di dissalatori, un altro ancora di campi di addestramento per piloti di F-35: provvedimenti spot, che cambiano poco se il resto rimane com’è. E il resto racconta di un’occupazione giovanile che ancora non va oltre il 30% (oltre 20 punti sotto la media del Centro Nord), collegamenti da Terzo Mondo e servizi che funzionano a giorni alterni.

Ma l’annuncio di Crosetto induce a riflettere anche su un altro aspetto: quali sono le prospettive per il nostro Paese da qui ai prossimi anni? L’impressione è che i governi abbiano ormai abbracciato l’idea di uno stato di guerra permanente, in cui serve investire sempre più denaro ed energie sul fronte militare. “Se vuoi la pace, prepara la guerra”, ha affermato qualche giorno fa in Parlamento Giorgia Meloni, citando gli antichi romani. Ma la sensazione è che la guerra sia, più che altro, un modo per alimentare certi business, da quello dei mercanti di armi a quello dei professionisti delle ricostruzioni.

Personalmente, preferisco pensare che la pace si prepara con la pace, come diceva Enrico Berlinguer. Ma anche riaffermando il primato del diritto internazionale che dopo la Seconda Guerra Mondiale sembrava la bussola che ci avrebbe dovuto guidare in caso di intemperie e che adesso, per i nuovi patrioti del sovranismo globale, sembra diventato un vecchio abito da dismettere con fastidio, per concentrarsi su nuovi obiettivi che non promettono nulla di buono.

Condividi su:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Commenta