A guardarle così, le province di Trapani e Bolzano, non potrebbero sembrare più diverse. Una è bagnata dal mare, l’altra è circondata dalle montagne. Una volge lo sguardo all’Africa, l’altra all’Austria. Una, ogni anno, è tra le ultime nelle classifiche sulla qualità della vita, l’altra è sempre ai primi posti. Eppure, stavolta, Trapani e Bolzano una cosa in comune ce l’anno: sono state le province italiane che hanno fatto registrare il più alto tasso di astensionismo alle ultime consultazioni referendarie. Ovviamente, si tratta di una pura coincidenza, a conferma del fatto che ogni dato ha una storia diversa. E se a Bolzano, la bassa affluenza potrebbe essere segno di disinteresse (da pancia piena) per i quesiti proposti, la lettura sulla risposta trapanese alla convocazione referendaria è inevitabilmente un’altra e chiama in causa la rassegnazione, quel senso di impotenza di fronte al corso degli eventi che spesso torna nella vita dei siciliani.
A una lettura superficiale si potrebbe trovare strano (o persino contradditorio) che una popolazione che si trova puntualmente in coda alle classifiche sulla qualità della vita non traduca questo disagio in voglia di cambiamento. In realtà, qualche volta è anche successo, come ai tempi della “primavera siciliana” o con l’esplosione del Movimento 5 Stelle, che portò qualche osservatore a definire Trapani “la provincia più grillina d’Italia”. Exploit che, però, si sono esauriti nel giro di qualche anno, per poi ridare spazio a esiti più “tradizionali”. Sui social spesso ci è capitato di leggere ironie o persino insulti verso chi non va a votare, come se servisse a convincerli di aver sbagliato e a motivarli per i successivi turni elettorali. Ovviamente non funziona, così come non serve a nulla astenersi. La rassegnazione ha radici profonde e per tornare a trasformarla in voglia di cambiamento occorrono strumenti (e parole) più efficaci.
Di fronte a questo scenario, che dovrebbe farli saltare dalla sedia, i nostri rappresentanti istituzionali sembrano spesso indifferenti, come se la bassa partecipazione alle elezioni europee, politiche o alle consultazioni referendarie non fosse indice di un malessere sociale con cui fare i conti. Quel che interessa maggiormente è poter associare ai propri avversari una sconfitta in più. Il resto (a loro) appare secondario. Il resto, invece, ad amministratori lungimiranti dovrebbe apparire prioritario, perchè racconta di un territorio in cui il tasso di occupazione non raggiunge il 50% (a Bolzano, per intenderci, sfiora l’80%), i servizi pubblici per bambini e anziani sono esigui per quantità e a dir poco basici per qualità, i giovani di belle speranze continuano a emigrare, le produzioni agricole in difficoltà sempre crescente e i collegamenti da Terzo Mondo. Ma, come al solito, la sensazione è che si pensi più alle prossime elezioni che alle prossime generazioni.