Di fronte a un ‘esercito schierato‘, bastava poco per dare per scontato l’esito. E invece, proprio come un novello Gaio Giulio Cesare, in una Provincia spesso trattata come periferia d’Italia, Salvatore Quinci ha pronunciato il suo “Veni, vidi, vici”, sintesi perfetta di una rapida scalata verso il Palazzo di Governo. Non era favorito, il sindaco di Mazara, nonostante da tempo c’erano voci su una sua possibile candidatura. L’avversario, Giovanni Lentini, primo cittadino castelvetranese, aveva messo in campo anticipando il suo collega, un apparato muscolare: quattro liste, quattro simboli forti — DC, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega — e l’investitura di un centrodestra che, almeno sulla carta, sembrava granitico. Sulla carta, appunto. Perché poi, tra le pieghe di una legge elettorale che sembra scritta tra una partita e l’altra di Risiko!, è emerso il fattore decisivo: il voto disgiunto.
Sì, qualcuno tra sindaci e consiglieri dello schieramento opposto ha scelto di mettere la croce sul nome dell’altro candidato. Il riflesso di una politica che non si legge più solo in termini di partito, di coalizione, di appartenenza o valori, ma altresì di pragmatismo, relazioni personali, convenienza politica. E Quinci ha avuto la meglio con una sola lista a sostegno in cui sono confluite le forze di centrosinistra, benchè lui stesso non si è mai definito uomo di sinistra in senso stretto. La sua Giunta, a Mazara del Vallo, è la fotografia di questo campo largo, anzi larghissimo: dentro ci stanno il PD, i 5 Stelle, ma anche Fratelli d’Italia. Una formula politica che molti faticano a decifrare, ma che evidentemente funziona abbastanza da battere un avversario forte, preparato e sostenuto da forze nazionali che — e qui si apre un altro capitolo — si rivelano tutt’altro che compatte. Non solo Forza Italia, ma anche Fratelli d’Italia appaiono spaccati al loro interno (o forse lo sono sempre stati), tanto che Giorgia Meloni ha deciso di commissariare il suo partito.
Quinci, dunque, come un Giulio Cesare in terra turca, con facile rapidità venne, vide e vinse. Anche senza una maggioranza definita in partenza. Persino senza il favore dei pronostici. Ma ora viene il difficile. Il neo presidente ha promesso di ridare dignità al territorio trapanese, martoriato da decenni di disattenzione, volendo rimettere in ordine le competenze, “lavorando con i Comuni”. Poi i conti — quelli veri — si faranno dopo, anche in sede di nomina degli assessori provinciali. Finita questa prima parte, si potrà pensare ad una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti. Perché se è vero che oggi ha vinto Quinci, è anche vero che non ha vinto il popolo, almeno non quello che vota alle urne. Al momento resta la cronaca di una vittoria non scontata.