La notizia della morte di Papa Francesco ha scosso profondamente il mondo cattolico e l’intera comunità internazionale. Jorge Mario Bergoglio, eletto Papa il 13 marzo 2013, lascia un’eredità spirituale, sociale e umana di straordinaria intensità. Primo Papa gesuita, primo proveniente dall’America Latina e primo a scegliere il nome di Francesco, come il santo di Assisi, è stato una figura rivoluzionaria nel panorama ecclesiale e globale. Un Pontefice capace di parlare al cuore delle persone, senza mediazioni e senza retorica, soprattutto alle periferie del mondo. Tra le tappe più toccanti del suo pontificato, rimane indelebile la visita a Palermo nel settembre del 2018. Sul lungomare del Foro Italico, ad accoglierlo un bagno di folla, giunta da ogni angolo della Sicilia. Era la commemorazione del 25° anniversario dell’omicidio di Padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia “in odium fidei”, riconosciuto come beato dalla Chiesa. Francesco si recò a Brancaccio, proprio nel luogo in cui Don Puglisi fu assassinato. Piazzale Anita Garibaldi, civico 5: il Pontefice si inginocchiò in silenzio e posò un mazzo di fiori. Un gesto semplice, ma potentissimo.
In quell’occasione, Papa Francesco si rivolse a Cosa nostra con queste parole molto forti: “Ai mafiosi dico: cambiate fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Voi sapete che il sudario non ha tasche”. Parole dure, pronunciate con la dolcezza e la fermezza di chi crede davvero nel cambiamento del cuore umano. Una condanna netta, senza ambiguità, che proseguiva, per il vero, il solco tracciato da Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi nel 1993 e da Benedetto XVI a Palermo nel 2010. Ma Francesco non fu solo il Papa dell’anatema contro le mafie. Fu soprattutto il Papa degli ultimi. Durante quei giorni in Sicilia, scelse di condividere un pasto nel centro per indigenti fondato da Biagio Conte, il missionario laico morto nel 2023. Seduto accanto a un disabile, con una semplice forchetta di plastica, mangiò lo stesso riso degli altri ospiti. Vicino a lui, Biagio Conte e l’arcivescovo Corrado Lorefice. Al tavolo accanto, due detenuti dell’Ucciardone in permesso speciale. Papa Francesco ha sempre rifiutato il potere come privilegio, trasformandolo in servizio. La sua voce si è levata forte anche a difesa delle persone omosessuali, dei migranti, dei carcerati, dei malati, dei dimenticati. “Il potere del Papa deve essere il servizio, specie ai più poveri, ai più deboli e ai più piccoli”, ripeteva. La sua morte segna la fine di un’epoca, ma non la fine del suo messaggio. Papa Francesco ha scritto una pagina nuova nella storia della Chiesa, con l’inchiostro della misericordia e della giustizia. Il mondo lo piange, ma continua a camminare sulle orme che ha tracciato.