L’atteso appuntamento con la Giornata della Memoria e dell’Impegno per ricordare le vittime di mafia è ormai alle porte. La città di Trapani si appresta a vestire, per un giorno, il ruolo di capitale dell’attivismo antimafia, con studenti, associazioni, cittadini che si stringeranno intorno ai familiari delle vittime delle organizzazioni criminali per ribadire il valore della partecipazione democratica, della solidarietà, della libertà da tutte le forme di violenza e sopraffazione che continuano ad inquinare il tessuto civile, sociale ed economico del nostro Paese. Accanto a don Luigi Ciotti, protagonista della lunga marcia di avvicinamento al 21 marzo è il coordinamento provinciale di Libera, guidato da Salvatore Inguì.
Come si sta preparando il territorio trapanese ad accogliere le delegazioni provenienti da tutta Italia per partecipare alla Giornata della Memoria e dell’Impegno?
Con una soddisfazione immensa. Sono già arrivate delegazioni da altre regioni italiane, mentre per quanto riguarda le regioni meridionali c’è tanta gente che abbiamo conosciuto durante gli incontri che abbiamo fatto in questi mesi e a cui siamo stati anche sollecitati da tanti che ci hanno chiesto di poter arrivare a questo appuntamento del 21 marzo con consapevolezza. Soprattutto c’è don Luigi Ciotti che non si è risparmiato in questi mesi a girare in lungo e in largo la provincia e la regione. Oltre alle scuole abbiamo fatto incontri con le comunità, le associazioni. Incontrarci prima, spiegare come nasce la Giornata della Memoria e dell’Impegno, spiegare cos’è Libera, come possiamo contribuire alla lotta contro la mafiosità, quella cultura mafiosa che è il substrato su cui alligna l’organizzazione mafiosa, consentirà ai ragazzi di partecipare con responsabilità, in modo da poter dare il proprio contributo al cambiamento.
Ci sono state situazioni in cui avete trovato difficoltà di fronte al vostro invito alla partecipazione?
Una riflessione sicuramente la faremo dopo il 21 marzo, perché malgrado un’ottima risposta, abbiamo ricevuto pure, da parte di alcune scuole, un netto rifiuto ad incontrarci. Non vogliamo affrettare i giudizi, ma cercheremo di capire se una data scuola o un determinato dirigente non hanno consentito agli studenti di partecipare per problemi economici, organizzativi, di sicurezza, per concomitanti impegni o, magari, per altre motivazioni.
Questo 21 marzo può essere anche un momento di passaggio del testimone alle nuove generazioni. Dopo i grandi entusiasmi del recente passato, l’impressione è che si sia incrinato qualcosa, in termini di tensione da parte dei media e dell’opinione pubblica. L’appuntamento di venerdì può servire a ripartire?
Intanto ogni 21 marzo, proprio perché è la Giornata della Memoria e dell’Impegno nel ricordo delle vittime innocenti delle mafie, ha come scopo il passaggio per testimone, proprio perchè facciamo memoria collettiva accanto ai familiari delle vittime innocenti, facendo in modo che il loro sacrificio non sia stato vano. Sicuramente c’è una tensione minore da un punto di vista mediatico ed emotivo rispetto a quella che può esserci dopo una strage o eventi particolarmente tragici . Tuttavia io credo che, magari, ci sono state meno manifestazioni di piazza o eventi roboanti, ma non è venuto meno l’impegno delle scuole o delle associazioni di volontariato, al di là di Libera. Il confronto che ho avuto con realtà nazionali mi induce a pensare che c’è un lavoro quotidiano nei quartieri, nelle scuole, nelle carceri: magari è meno palese, meno sotto i riflettori, ma probabilmente potrà dare più frutti, perchè è quel lavoro educativo che viene svolto da migliaia di volontari sparsi nel territorio nazionale, che induce i giovani a considerare le reali fattezze della mafia. Chi dice che oggi la mafia è diversa, secondo me non dice esattamente il vero. E’ diverso il modo di operare, c’è una modernità a cui la mafia si adegua. Ma la struttura della mafia rimane tale e quale. Non condivido quando si dice che non è più affare di pecorai, ma è una mafia imprenditoriale e di colletti bianchi. Lo è sempre stata.
Può essere più tecnologica…
Certo, perché abbiamo i computer, le mail, le criptovalute, l’intelligenza artificiale. Ma ricordiamo che negli anni ‘40 il capomafia di Corleone era Michele Navarra, primario all’ospedale. Negli anni ‘50 i capi erano i sindaci dei paesi siciliani. Non è vero che ora abbiamo i colletti bianchi e prima non c’erano. La mafia è sempre stata asservita ai baroni, all’aristocrazia come oggi è asservita ai poteri forti.