“Tra Marsala e Salemi un mare di voti gli ho raccolto…un mare di voti…un mare di voti…”. Con queste parole Giosuè Di Gregorio commentava l’esito della campagna elettorale per le regionali del 2022, con riferimento ad Angelo Rocca, candidato all’Ars nella lista Popolari e Autonomisti. In effetti il coordinatore provinciale del movimento Via in quella competizione elettorale riuscì ad ottenere 3.361 preferenze, risultando il più votato della lista (davanti al marsalese Enzo Sturiano). Tuttavia, il complesso meccanismo di ripartizione dei seggi lo lasciò fuori dall’Assemblea Regionale Siciliana.
In realtà, l’ex senatore Papania – grande sponsor di Rocca – non sembra affatto convinto dell’effettivo sostegno di Di Gregorio, né del lavoro di mediazione che l’ex vicesindaco di Alcamo Pasquale Perricone aveva fatto con lui nelle settimane precedenti al voto. “Ci ha fatto buttare duemila euro per mangiare una pizza a quattro spacciatori a Trapani…e ci hanno portato sì e no trenta voti…”. Il riferimento è alla somma che, attraverso Perricone, Papania avrebbe fatto avere a Di Gregorio, considerato dalla Procura di Palermo un uomo organico a Cosa Nostra sul territorio alcamese. Proprio per tale circostanza, Papania è stato raggiunto da un ordine di custodia cautelare con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso.
Le indagini fanno riferimento a un incontro che ci sarebbe stato al bar Agorà di Castellammare tra Di Gregorio e un ex consigliere comunale di Salemi, Vito Balsamo. Poco si legge su Marsala, dove effettivamente Rocca raccolse ben 753 preferenze (contro le 312 di Salemi e le 236 di Trapani). A Capo Boeo, però, è anche noto che Papania aveva lavorato molto negli anni precedenti, allestendo tre liste per la campagna elettorale del 2020 a sostegno del sindaco Grillo, con cui però – all’inizio del 2022 – si era già consumata un prima rottura politica.
Ad ogni modo, fa una certa impressione leggere un ex senatore della Repubblica Italiana esprimersi con questi termini, a proposito degli interlocutori di un certo mondo collaterale del passato, che “per quanto deprecabile, un suo senso ce l’aveva. Ma ora è proprio…matri mia…corri il rischio solo di farti male e basta…”. E, in effetti, con quest’inchiesta Papania è andato veramente a farsi male – politicamente parlando – come peraltro gli era già successo dopo le amministrative alcamesi del 2012, quando fu rinviato a giudizio in un’altra indagine per voto di scambio. Nel successivo processo di primo grado, Papania fu anche condannato per poi essere assolto in Appello e tornare alla politica attiva. Questa volta, non più con il centrosinistra a cui aveva dedicato tanti anni di militanza, fino all’estromissione dalle politiche del 2014 a cui il Pd guidato da Pierluigi Bersani decise di non ricandidarlo. Per la sua rivincita politica Papania scelse il centrodestra, fondando quel movimento Via che, nel giro di pochi mesi, riuscì a ottenere le adesioni di una cinquantina di amministratori del territorio, fino a sfiorare l’elezione all’Ars del proprio candidato. E chissà se, in caso di elezione, a rappresentare la provincia di Trapani all’interno del governo Schifani non sarebbe stato proprio Papania, anziché il suo concittadino Mimmo Turano…
con tutta la disistima che nutro per papania, mi sembra una forzatura eccessiva convolgerlo in un caso di scambio di voto politico/mafioso ed il tutto rappresentato da 2mila euro. E vorrei sapere chi , con questa visione, non sia imputabile di scambio di voto politico mafioso.