Tutela ambientale, legalità e sociale. Chi è Michele Rallo, fondatore di Libera e Legambiente a Favignana

Antonella Genna

Tutela ambientale, legalità e sociale. Chi è Michele Rallo, fondatore di Libera e Legambiente a Favignana

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domenica 23 Giugno 2024 - 06:23

Le Egadi, con la loro comunità forte, con l’attaccamento alle radici e l’apertura al mondo al di là del mare. Le Egadi con la voglia di preservare il proprio patrimonio umano, sociale e naturale e di raccontarlo. Le Egadi alla ricerca di un equilibrio fra chi va e chi resta, con le vite e le storie che s’intrecciano. Le Egadi, storie e persone. A raccontarci la laboriosità e la forza della comunità delle Egadi c’è il favignanese Michele Rallo, attivista, fondatore di Libera e Legambiente a Favignana, con un passato da consigliere comunale, attualmente Responsabile Ambiente della segreteria provinciale del PD.

Michele, lei è stato in diverse occasioni impegnato in prima linea in questioni e in battaglie che riguardano tutela ambientale, legalità e aspetti sociali. Cosa vuol dire per lei essere “cittadino”.

Come diceva Gaber, la libertà è partecipazione. Mi spinge certamente l’amore per il mio territorio che merita di crescere, ma anche di essere valorizzato e tutelato. Un esempio è quello dell’Associazione culturale Borgo Marinaro di Punta Longa che è nata per difendere questo luogo dalla speculazione edilizia ed è riuscita, negli ultimi dieci anni, non solo a preservarlo ma soprattutto a mettere in piedi degli importanti progetti di valorizzazione. Uno di questi è il documentario “A Fridda” che sta riscuotendo un grande successo. Recentemente presentato a Roma, è stato apprezzato da pubblico e critica. Qualche giorno fa, è stato proiettato anche in un locale sull’isola con parole di elogio da parte di chi lo ha visto. Per realizzarlo, la regista ha vissuto qui per tutto l’inverno, per cercare di cogliere la vera anima dell’isola. Ogni anno, da sette anni, realizziamo la festa del Borgo marinaro di Punta Longa che è stato pensato per legare ancora di più le persone ad un posto che è sempre stato visto come luogo di lavoro. È diventata una delle feste più importanti delle Egadi attraverso la quale valorizzare l’enogastronomia dell’isola e le piccole aziende. Ma non solo: l’anno scorso, in collaborazione con l’Area Marina Protetta Isole Egadi e il Comune di Favignana abbiamo portato avanti l’operazione Reti Fantasma, iniziata proprio dal Borgo Marinaro di Punta Longa, per il recupero delle reti abbandonate Quest’anno, sempre in collaborazione con l’Area Marina Protetta, distribuiremo gratuitamente ai pescatori 350 cassette riutilizzabili, costruite con materiali ecosostenibili che, permettendo di ridurre il polistirolo, tutelano ambiente e consumatore.

Si è mani sentito solo nelle tue iniziative?

Da soli non si va da nessuna parte: bisogna fare squadra, coinvolgere la comunità. Se le persone non ci credono, le battaglie rimangono facilmente lettera morta. Nell’azione civica c’è sempre una pluralità. Ho portato avanti tanti progetti sociali, ma mai solo. Abbiamo fondato il Circolo di Legambiente, durato per dieci anni, e un presidio di Libera con il quale abbiamo gestito un bene sotto sequestro per mafia. Io sono uno di quelli che non crede negli eroi. Falcone e Borsellino, ad esempio, per me sono delle persone, dei servitori dello Stato, che hanno creduto fino in fondo in quello che facevano, che sono morti anche per questo Ma non erano soli. Noi siamo abituati a delegare all’eroe, al singolo, al leader, al superuomo. Io credo che non sia così, credo che ognuno debba e può fare il suo. Casa Macondo, a esempio, è stata creata fondamentalmente da tre persone: io, un pescatore e una ragazza, tre persone con vite normali.

Che esperienza è stata Casa Macondo?

È stato un bellissimo progetto che durava per tutto l’anno, non solo d’estate. Coinvolgeva tutte fasce d’età. D’inverno facevamo la radio, il Carnevale con i carri, i laboratori di arte creativa per i bambini, il doposcuola, il circolo ricreativo, la ciclo-officina. D’estate invece allestivamo i campi di volontariato con Legambiente, Libera e con la Scuola superiore della Magistratura. Collaboravamo con il carcere per il reinserimento sociale dei carcerati. Era diventato un luogo di aggregazione. Purtroppo, come ogni cosa, ha avuto un inizio e una fine.

Com’è la comunità delle Egadi?

Siamo una comunità molto forte, che fa tante attività anche nel periodo invernale. Ed ognuno fa la propria parte. Io mi sono battuto tanto per l’ambiente, ma ci sono tanti altri modi per essere resilienti. Abbiamo, ad esempio, la Gulliver: una scuola vela che svolge un ruolo sociale importantissimo. Ma c’è anche un’associazione che, da trent’anni, si occupa d’insegnare ai bambini la musica e abbiamo qui tantissimi bambini che suonano uno strumento. È una bellissima realtà. Io consiglio sempre di venire alle Egadi d’inverno: permette di vivere veramente l’isola e conoscere la comunità locale. D’estate quest’aspetto non si vede perché siamo tutti impegnati sul lavoro. La nostra è una comunità molto laboriosa.

Come si concilia la tutale ambientale con la necessità di fornire servizi turistici?

Le Egadi non hanno piano regolatore e il piano di fabbricazione risale al 1971. C’è solo il piano paesaggistico. L’assenza di regole che permettano di progettare lo sviluppo urbanistico lascia spazio alla libertà e alla speculazione. La stessa cosa si può dire per il Piano di utilizzo del Demanio marittimo che ha portato alla nascita sconsiderata di concessioni demaniali.

Rientra in questo il caso del solarium di Levanzo?

L’anno scorso la sua realizzazione è stata bloccata. Talvolta diventano elementi molto invasivi per il territorio. È importante che l’imprenditore, che è il benvenuto alle Egadi, possa investire sulla base di regole chiare. Noi siamo un’isola: siamo sempre stati abituati a rapportarci con gente che viene da fuori. Non vediamo l’estraneo o l’imprenditore come una minaccia, ma in maniera benevola. Sempre che si tratti di sana imprenditoria, come lo è tanta, e non di mera speculazione da parte di chi poi, durante l’inverno, va via senza lasciare nulla al territorio. Certa imprenditoria, ovviamente non tutta, a volte ci fa sentire depredati. Questo si può evitare fornendo strumenti chiari.

Vale anche per il mare?

Allo stesso modo, bisogna dare degli strumenti per la fruizione del mare. Siamo nell’area marina protetta più grande d’Europa eppure certe volte si stenta a percepire questa protezione. D’estate assistiamo all’arrivo di centinaia d’imbarcazioni che deturpano l’area, con ancore che arano il fondale e rischiano di disturbare il posidonieto di cui ci fregiamo e che è preziosissimo per lo sviluppo della fauna marina e per l’ossigenazione del mare. È proprio la presenza di questa grande foresta sottomarina che ha portato all’istituzione dell’area marina protetta.

I controlli sono sufficienti?

La competenza è della Capitaneria di Porto che fa il possibile, ma si trova in difficoltà davanti ad un traffico marittimo importante. In generale, credo che si debbano cercare degli equilibri ma sono consapevole che ci vorrà tempo. Il turismo verso le Egadi, cosa di cui siamo molto grati, è un fenomeno recente, esploso negli ultimi dieci anni: è ancora un processo in fase di assestamento. Rispetto a tante altre isole, credo però che ci siano i margini per trovare un equilibrio fra turismo e tutela del patrimonio naturale.

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