Morto Berlusconi, resta il berlusconismo

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Morto Berlusconi, resta il berlusconismo

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martedì 13 Giugno 2023 - 07:00

Cantante sulle navi, imprenditore edile, editore televisivo, produttore cinematografico, presidente del Milan, leader politico. “Se avesse avuto le tette, avrebbe fatto anche l’annunciatrice”, disse di lui Enzo Biagi.

Sicuramente, gli 86 anni di Silvio Berlusconi sono stati vissuti intensamente, con l’ossessione del successo da perseguire ad ogni costo fino a diventare, a lungo, l’uomo più potente del Paese. I suoi ammiratori ne hanno sempre apprezzato il carisma, la determinazione, la carica innovativa, l’abilità nella comunicazione. I suoi detrattori hanno puntato il dito sulla genesi (mai del tutto chiarita) del suo patrimonio economico, sui conflitti di interesse, sull’impegno politico funzionale alla tutela del suo impero economico, sui rapporti con personaggi vicini a Cosa Nostra (come lo stalliere Vittorio Mangano) e sul sodalizio con il discusso Marcello Dell’Utri. Berlusconi era l’uno e l’altro e, probabilmente, una parte consistente del Paese lo ha amato anche per questo, ritenendo che incarnasse perfettamente una certa idea di “italiano medio”.

Ma, in realtà, quel che resta di Silvio Berlusconi oggi – più di ogni altra cosa – è proprio un modello culturale costruito con le sue reti televisive, che negli anni ’80 hanno disegnato un immaginario in cui gli spettatori si sono sempre più rispecchiati. Mentre la stagione dell’impegno e delle battaglie civili tramontava gradualmente, dalle emittenti Fininvest (poi Mediaset) arrivava ogni giorno un invito alla supremazia del successo individuale a prescindere dalla preparazione o dal talento. Di fatto, un modello di edonismo in salsa tricolore, che portava a sognare effimeri arricchimenti da ostentare in barba alla crisi economica (e morale) che stava vivendo il Paese e che di lì a poco portò al crollo della Prima Repubblica. Con un’opera di manipolazione formidabile, Berlusconi fu abile a presentarsi come l’alfiere del “nuovo” rispetto alla delusione degli italiani verso i partiti tradizionali e riuscì a trasformare gli spettatori delle sue tv negli elettori del suo partito, ricoprendo per tre volte la carica di Presidente del Consiglio (1994, 2001, 2008) fino alla rovinosa caduta del 2011, determinata dai risultati fallimentari della sua azione di governo, dalle inchieste giudiziarie in cui fu coinvolto e dal discredito che l’esecutivo aveva guadagnato sul palcoscenico internazionale. Un anno e mezzo fa, il colpo di coda finale, con l’improbabile candidatura alla Presidenza della Repubblica, poi ritirata alla vigilia della rielezione di Sergio Mattarella.

Morto Berlusconi, continueremo a fare i conti con la sua eredità, con quel modello culturale che ha prodotto il Paese che oggi siamo diventati, in cui si può essere eletti alla Camera dei Deputati senza mettere piede nel territorio che ti deve votare, soltanto perchè ti chiami Marta Fascina e sei la fidanzata del Berlusconi di turno. Un Paese in cui sono in molti a pensare che la libertà esista anche senza autodeterminazione, che la legalità e il senso civico siano inutili perdite di tempo di fronte ai propri interessi economici, che le carriere professionali si costruiscano investendo più sulle relazioni che su studio e talento.

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