Sicilia poco “amica delle mamme” secondo Save the Children

redazione

Sicilia poco “amica delle mamme” secondo Save the Children

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mercoledì 10 Maggio 2023 - 10:07

L’ottava edizione del rapporto ‘Le Equilibriste’ di Save the Children, svela quali sono le regioni italiane più “amiche delle mamme”, vicine ai loro bisogni familiari, di lavoratrice, nel fornire servizi.

Tra queste svetta la Provincia autonoma di Bolzano, seguita da Emilia Romagna e Valle D’Aosta, mentre le condizioni più sfavorevoli si registrano in Basilicata, preceduta appena in fondo alla classifica da Sicilia e Campania.

L’indice delle madri si basa su sette dimensioni: demografia, lavoro, servizi, salute, rappresentanza, violenza, soddisfazione soggettiva, per un totale di 14 indicatori da diverse fonti del sistema statistico nazionale.

 Per quanto riguarda l’area della Demografia, l’indice vede tra le regioni più virtuose la Provincia Autonoma di Bolzano (138,5), nettamente sopra valore di riferimento fissato a 100 e quella di Trento (114,5), seguite da Sicilia (112,8), Campania (111,1) e Calabria (106,8). Al contrario, Sardegna (78,5), Basilicata, Molise (entrambe 90,5) e Umbria (94), registrano tassi molto al di sotto del valore nazionale, occupando gli ultimi posti dell’Indice. 

Nell’area Salute, spicca la Valle d’Aosta. Il Sud invece, è tra le ultime posizioni.

Le Province Autonome di Trento e Bolzano sono le regioni più virtuose per i servizi offerti alle mamme e ai loro bambini (asili nido, mense scolastiche, tempo pieno), seguite da Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Toscana. La Sicilia si posiziona all’ultimo posto preceduta da Campania, Calabria e Puglia. Quindi, le regioni dove le mamme sono decisamente meno soddisfatte sono Calabria e Sicilia.

Cinque ore e 5 minuti al giorno è il tempo dedicato dalle donne in Italia al lavoro non retribuito di cura domestica e della famiglia, contro un’ora e 48 minuti degli uomini. Il 74% di questo carico grava quindi su di loro, e anche quando contribuiscono al reddito e al lavoro tanto quanto gli uomini, dedicano alla cura 2,8 ore in più di loro, che salgono a 4,2 quando ci sono i figli. Ma, come sottolinea il rapporto, tra le pieghe del ménage familiare si intravede un trend positivo. Lo dimostra il numero maggiore dei padri che usufruiscono del congedo di paternità introdotto nel 2012, che dal 2013 sono quadruplicati raggiungendo quota 155.845 nel 2021, contro i 50.500 del 2013.

In Italia la coorte di donne in età fertile è diminuita nei decenni e si diventa madri sempre più tardi: l’età media al parto è di circa 32 anni, una delle più alte in Europa, e già nel 2019 l’8,9% dei primi parti riguardava madri ultraquarantenni. Se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, c’è una relazione diretta e positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità.

Il mercato del lavoro sconta ancora un gap di genere fortissimo. Nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini: nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali.

Pesano molto le differenze geografiche e il titolo di studio. Nel Mezzogiorno l’occupazione delle donne con figli si arena al 39,7% (46,4% se i figli non ci sono), contro il 71,5% del Nord (78,9% senza figli), e in Italia le madri laureate lavorano nell’83,2% dei casi, ma le lavoratrici sono molte meno tra chi ha il diploma della scuola superiore (60,8%) e precipitano al 37,4% se c’è solo la licenza media. Quando il lavoro per le donne c’è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time (32% dei casi contro il 7% degli uomini); se ci sono figli minorenni la quota sale al 37%, a fronte del 5,3% dei padri, e con una metà quasi di queste mamme (15%) che si è vista costretta ad un part-time involontario, che non ha scelto.

Il gap lavorativo per le donne legato a genere e genitorialità è ancora molto marcato in Italia, ancor più se si considerano le famiglie monogenitoriali (2,9 milioni nel 2021, il 17% del totale dei nuclei; nell’80% dei casi composte da madri single). Madri che si stima nel 44% dei casi vivano in una condizione di povertà, più diffusa tra chi ha un basso livello di istruzione (65%), rispetto a chi ha conseguito un livello di istruzione medio (37%) o alto (13%).


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