Dopo il “Parental Advisory” voluto e ottenuto sui dischi musicali dalla family Gore già negli anni ’80, si parla di “cancel culture”, ovvero le cosiddette ‘pubbliche scuse’ nei confronti di tutto ciò che non è politicamente corretto.
Negli ultimi anni questo ‘politically correct’ è sempre più abusato per tanti motivi: la rivendicazione, giusta peraltro, di una serie di diritti in ordine alla razza, al sesso, alla religione, all’essere donne, all’aspetto fisico, ecc. Il tutto però ampiamente esasperato. Tant’è che oggi un comico non può fare più una battuta che si avvicini a certi temi sensibili che si grida allo scandalo.
“Anche meno” direbbe Stefano Bartezzaghi. Quello che però è passato per la testa dell’editore di uno dei libri per bambini più conosciuto, “La fabbrica di cioccolato” e di altri volumi, è alquanto senza senso. Puffin Books, in accordo con gli eredi dell’autore Roald Dahl, rivisiterà i romanzi eliminando alcune parole contenute come ‘grasso’, ‘brutto’ o ‘nano’ in modo da “non offendere nessuno”.
Quindi ‘enormemente grasso’ diventa solo ‘enorme’ e ‘nano’ si trasforma in ‘panciuto’. Ora, come qualche appassionato lettore ha notato, cosa potrebbe accadere con le favole più conosciute, i film Disney e le trasposizioni cinematografiche? Che ne sarà degli Umpa Lumpa? E chi incontrerà Biancaneve nel Bosco? E il brutto anatroccolo diventerà ‘graziosetto’ o magari ‘simpatico’? Come la mettiamo con il film “Il mio grosso grasso matrimonio greco”?
Nonostante le rassicurazioni dell’editore, resta un precedente pericoloso per cambiare il linguaggio fantastico o irriverente di molti capolavori della letteratura, anche solo per bambini o ragazzi. Non siamo diventati donne o uomini peggiori guardando Lady Oscar o leggendo “Harry Potter”. Lo siamo diventati, probabilmente, per mancanza di educazione, perchè facciamo parte di una società consumista e ‘social’ in cui regna sovrana una sotto-cultura, dove ci si ferma al titolo anzichè alla sostanza di un articolo, perchè viviamo in un Paese dove la scuola, i teatri, i cinema, la musica, sono stati bistrattati per decenni e decenni.
D’altronde il nostro è un Paese dove il Presidente del Senato dice (senza estrapolare o strumentalizzare) che un figlio gay “… sarebbe un figlio che non mi assomiglierebbe. Sarebbe come se fosse milanista. Accetterei con dispiacere la notizia. Perché credo che una persona come me, eterosessuale, voglia che il figlio gli assomigli”. Questo credo sia ben più grave.