Processo Artemisia, sentita l’ex dirigente scolastica dell’Istituto “Mattarella Dolci” di Castellammare

Linda Ferrara

Processo Artemisia, sentita l’ex dirigente scolastica dell’Istituto “Mattarella Dolci” di Castellammare

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giovedì 26 Maggio 2022 - 18:40

Loana Giacalone si è costituita parte civile per avere subito delle pressioni da parte dell’ex legale rappresentante dell’Anfe, Paolo Genco, e di altri soggetti. La preside non ha ceduto alle richieste del genero dell’amministratore dell’ente di formazione, Diego Genua, e di suo cognato, Lucio Sciortino. Contro di lei si sarebbe tentato di mettere in atto anche una campagna mediatica.

Si è svolto lunedì, presso il Palazzo di giustizia di Trapani, l’esame di Loana Giacalone da parte del pubblico ministero, la dottoressa Francesca Urbani, nell’ambito del processo Artemisia, in cui è imputato, insieme ad altri, l’ex deputato regionale dell’Ncd, Giovanni Lo Sciuto. Davanti al collegio dei giudici, presieduto dal dottore Franco Messina e a latere i dottori Edoardo Bandiera e Mauro Cantone, la teste, dal 2015 al 2019 dirigente scolastica dell’istituto “Mattarella Dolci” di Castellammare del Golfo, ha ricostruito la vicenda relativa all’assegnazione, in comodato d’uso, dei locali della sua scuola all’indomani del suo subentro, avvenuto il 7 aprile del 2015, all’ex preside Francesco Navarra.

È stato uno dei primi argomenti con i quali la dirigente si sarebbe confrontata. Sul suo tavolo avrebbe trovato le istanze da parte di due realtà diverse: una presentata dall’Anfe, l’ente di formazione di Paolo Genco, oggi imputato nel processo, e l’altra dall’istituto Pitrè, che ingloba gli studenti dell’infanzia e della scuola media. La prima sarebbe stata assolutamente generica, in quanto non avrebbe specificato la durata del corso e il numero degli alunni; la seconda, sarebbe stata più puntuale, dal momento che avrebbe previsto l’occupazione delle aule da aprile a fine lezioni. Inoltre, il numero degli alunni sarebbe stato pari a 45. Dei dati importanti, visto che la struttura avrebbe presentato alcuni limiti, come la massima capienza di 100 persone. Infatti, in questi spazi si sarebbero tenuti allora soltanto dei laboratori. Entrambe le istanze sono state sottoposte alla decisione del Consiglio d’Istituto, che, come ha spiegato la teste, è un organo indipendente. Il Consiglio si è poi espresso all’unanimità per l’istituto Pitrè, che allora avrebbe presento anche un problema da risolvere immediatamente, in quanto le aule di seconda e terza elementare si sarebbero trovate in fase di ristrutturazione. Soddisfare le due proposte contemporaneamente sarebbe stato, inoltre, impossibile perché gli studenti dell’Anfe sarebbero stati più grandi e, quindi, non avrebbero potuto condividere gli spazi con quelli più piccoli. La preside Giacalone, la quale si è anche costituita parte civile nel processo, ha riferito pure tutta una serie di interventi e pressioni ricevuti per cercare di fare assegnare le aule all’Anfe. Dapprima, si sarebbe interessato informalmente anche l’ex sindaco di Castellammare Nicola Coppola. Come ha precisato la dirigente scolastica, è però consueto interloquire con l’amministrazione comunale per simili problemi. Inaspettatamente sarebbe invece stata destinataria di un comunicato stampa, che avrebbe riportato quanto deciso dal Consiglio d’Istituto (anche se il verbale contenente la delibera non sarebbe stato ancora di dominio pubblico).nello specifico, la nota diffusa avrebbe addossato alla preside la responsabilità della decisione. Successivamente, la Giacalone sarebbe stata raggiunta da una telefonata da parte di Diego Genua (genero di Paolo Genco ndr), il quale l’avrebbe investita con una serie di frasi concitate e un incalzare di toni per la perdita di fondi che l’Anfe avrebbe potuto subire a seguito della mancata assegnazione delle aule, indispensabili per la partenza dei corsi di formazione. La dirigente scolastica avrebbe risposto al Genua che sarebbe stato opportuno parlare di presenza e davanti ad un testimone. In seguito, sarebbe avvenuto l’incontro nel suo ufficio con Paolo Genco. Sostanzialmente, ha raccontato la teste, si sarebbe tenuta una replica di quanto verificatosi con la citata telefonata. Sarebbe stata accusata di non avere contezza del tema della dispersione scolastica e ancora una volta sarebbe stata indicata come responsabile di mancate e ingentissime risorse finanziarie. Il suo primo collaboratore, il professore Giuseppe Gallo, si sarebbe dunque avvicinato in suo sostegno; a questo punto avrebbe invitato il rappresentante legale dell’Anfe ad uscire dalla stanza perché i toni del suo interlocutore sarebbero diventati particolarmente esagitati. Dopo la teste avrebbe ricevuto una telefonata dal cognato Lucio Sciortino, il quale le avrebbe comunicato che sarebbe andato a trovarla senza la sorella. Il parente, quindi, avrebbe fatto da tramite per l’ex sindaco di Castelvetrano, Felice Errante, proponendole di cambiare opinione sulla decisione presa dal Consiglio d’Istituto. Rispondendo, poi, al quesito del pubblico ministero, Loana Giacalone ha dichiarato di conoscere l’ex parlamentare Giovanni Lo Sciuto, in quanto avrebbero una cugina in comune. Durante l’incontro avvenuto de visu con il cognato, la teste ha spiegato di avere nuovamente ricevuto la richiesta di ritornare sui suoi passi, anche se, come sopradetto, il CdI è un organo indipendente. Sciortino avrebbe insistito descrivendo tale istanza come un favore personale e citando più volte Errante. La preside avrebbe reagito dichiarando al cognato di non permettersi di interferire sulle sue vicende di lavoro e di non ritenere opportuna detta richiesta.

In seguito è intervenuto l’avvocato Giuseppe Ferro, legale della Giacalone, il quale le ha chiesto quando ha appreso ciò che la riguarda nell’ambito dell’operazione Artemisia. La teste ha chiarito che dopo tre anni dai succitati avvenimenti avrebbe letto tutte le intercettazioni consentendole di comprendere meglio quanto accaduto. Nelle conversazioni intercettate tra Errante e Lo Sciuto sarebbe stata, infatti, destinataria di improperi a sfondo sessuale: putt###, tr###, stro###. “Tutto quello che noi donne siamo abituate a sentire”, ha detto.

Dopo l’avvocato Cinzia Calafiore, legale di Paolo Genco, ha chiesto alla teste se fosse a conoscenza del fatto che l’istanza dell’Anfe, presentata prima del suo insediamento, avesse trovato la disponibilità del dirigente che l’aveva preceduta. Loana Giacalone ha dichiarato che nell’ambito del confronto con Paolo Genco, questi le avrebbe detto che il collega Navarra sarebbe stato favorevole. Rispetto alle pressione ricevute, poi, l’avvocato le ha domandato se queste avrebbero potuto condurre ad una modifica. La dirigente ha precisato che il Consiglio d’Istituto si sarebbe potuto riunire nuovamente, ma ciò non sarebbe stata una consuetudine, in quanto la decisione è stata presa all’unanimità. In merito, poi, all’incontro definito sgradevole dalla teste, quest’ultima, su richiesta del legale, ha spiegato che si sarebbero manifestati la postura, il linguaggio non verbale, minaccioso e violento del Genco. L’arroganza verbale e l’atteggiamento mostratole avrebbero potuto, per la preside, tradursi in qualcosa di fisico. Sia la Giacalone che il suo collega Gallo avrebbero inoltre avuto la sensazione che la situazione potesse trascendere. Infatti, il tono di voce utilizzato dal rappresentante legale dell’Anfe sarebbe stato particolarmente aggressivo. “Rasentava le grida” ha dichiarato. All’avvocato Roberto Fabio Tricoli, invece, ha risposto di non ricordare la data della delibera del CdI. Al legale di Felice Errante, Luigi Miceli, la teste poi ha detto di non avere ricevuto pressioni dirette dall’ex sindaco di Castelvetrano, ma tramite l’intercessione del cognato. Nessuna intercettazione poi le sarebbe stata mostrata durante il suo interrogatorio reso ai carabinieri. Sempre in merito alle pressioni è intervenuto l’avvocato Celestino Cardinale, che nel processo difende Giovanni Lo Sciuto. La Giacalone ha precisato di non essere stata destinataria diretta di pressioni da parte degli ex sindaci Nicola Coppola e Felice Errante, nonché dell’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto. Alla domanda del legale su cosa significasse per la teste il termine “pressioni”, la stessa ha così risposto “Nonostante l’organo preposto avesse preso decisione, è stata fatta una telefonata, una visita e un’intercessione. Se non è questa pressione!”. Interpellata nuovamente dalla dottoressa Urbani in merito a quanto riferito durante il suo interrogatorio, effettuato dalla polizia giudiziaria nel 2019, la preside Loana Giacalone ha poi confermato le sue dichiarazioni: il cognato si sarebbe qualificato come portavoce di una richiesta direttamente proveniente da Giovanni Lo Sciuto.

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