Da mesi si parla della possibilità che Silvio Berlusconi sia il prossimo Presidente della Repubblica. Chiaramente, si tratta di uno scenario irrealizzabile, per tante ragioni. E’ noto che il fondatore di Forza Italia ha diversi problemi di salute, oltre che una situazione giudiziaria quantomai travagliata, fatta di condanne, prescrizioni, assoluzioni per depenalizzazione del reato, che mal si concilierebbero con l’elezione al Quirinale.
Gli anni e le delusioni provocate dai leader politici che si sono susseguiti nell’ultimo decennio, probabilmente hanno addolcito il ricordo che molti italiani hanno del Berlusconi uomo di potere, simbolo di una concezione patronale della politica e della res publica, di un’idea di governo piegata al proprio interesse personale aziendale e di un modello culturale insofferente alle regole, al dissenso, alla meritocrazia e alla cultura.
“Dal Bunga Bunga al Quirinale”, titolerebbero con ironia i giornali stranieri, con il solito sarcasmo a buon mercato sulla credibilità delle istituzioni italiane. Se l’insieme di tutti questi fattori potrebbe essere ritenuto, da certi ambienti, superabile, c’è un ulteriore aspetto che ogni siciliano dovrebbe ricordare: il rapporto tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra. Benchè il fondatore di Mediaset non sia mai stato condannato per associazione mafiosa, la sua storia è piena di incroci con la criminalità organizzata: l’amicizia con Marcello Dell’Utri (condannato per concorso esterno), l’assunzione di Vittorio Mangano (esponente di spicco del clan di Porta Nuova a Palermo), i soldi versati dallo stesso Berlusconi a Cosa Nostra a protezione della sua sicurezza personale e di quella delle sue imprese, la stessa genesi di Forza Italia in uno dei momenti più delicati dell’Italia repubblicana, i tanti candidati collusi o discussi nelle liste elettorali del Sud…
Come si possa minimamente immaginare di affidare a un personaggio di questo genere la più alta carica dello Stato è, dunque, un interrogativo da consegnare più alla psicanalisi che alla storia. Anche perchè sarebbe difficile spiegare alle future generazioni le motivazioni che, in universo parallelo distopico, portarono la Repubblica Italiana a passare dal fratello di Piersanti Mattarella all’amico di Dell’Utri. Se non fosse uno scenario tragico e inquietante, risulterebbe quasi divertente, come una di quelle barzellette surreali che a Berlusconi (e agli italiani) piacciono tanto, ma che nei tavoli internazionali che contano vengono gradite decisamente meno.