L’arte in questo difficile anno, assieme a musica e teatro, è stata messa in ginocchio dalle continue chiusure a causa del Covid-19. Ma c’è chi dal 2019 ad oggi, ha continuato, anche in maniera silente, a produrre arte visiva. Tra queste, la marsalese Paola Vitaggio, selezionata da diversi comitati tecnico-culturali presso musei, fondazioni, gallerie (tra queste Spoleto, Città del Vaticano e Matera), nelle Biennali di Venezia, Milano, Firenze, Monreale, Atene, Roma, partecipando a esibizioni internazionali a Lisbona, Barcellona, Miami, New York, Abu Dhabi, Dubai, vincendo il primo premio di pittura 2019 “La Lupa” di Roma, venendo selezionata alla Mostra di Siena con battuta d’asta a Innsbruck. Attestazioni che hanno permesso alla Vitaggio di essere inserita negli annuari di arte contemporanea come Artisti 19 e 20 edito da Mondadori e nel volume Atlante dell’Arte Contemporanea 2021 di De Agostini Editore.
La sua passione per l’arte ha origini lontane. Da dove nasce l’esigenza di esprimersi con la pittura?
Le espressioni artistiche nelle sue molteplici forme mi accompagnano da sempre. Tra gli indelebili ricordi dell’infanzia, mi vedo bambina davanti a un foglio di carta bianco con l’esigenza di imprimere con un segno il mio mondo interiore. Era il mio spazio segreto di libertà, l’unico in cui, sottraendomi ad aspettative e giudizi altrui, riuscivo ad essere me stessa. Ora passati gli anni e in un’altra stagione della vita, ho ripreso l’antica e mai abbandonata passione, sempre alla ricerca di un percorso libero e personale.
Ha attraversato diversi stili dagli inizi sino ad oggi. Qual è lo stile che sente più vicino, che riesce ad esprimere quello che vuole imprimere poi su tela?
Dopo il periodo del figurativo, ho abbracciato l’astrattismo lirico, sensoriale e concettuale che sento più vero e mio. Mi piace lavorare con la tecnica ad olio, ma prediligo la tecnica mista e gli acrilici che mi permettono l’uso dell’acqua, il più libero, nobile e versatile degli elementi, la cui sacralità è stato il tema sviluppato per secoli da filosofi e artisti. La ricerca di un soggetto non è un problema. Il problema, se così si può definirlo, è la sequenza per il suo sviluppo, che richiede tempo, silenzio e concentrazione.
Il silenzio. Anch’esso una forma d’arte. Cosa rappresenta per un artista? Ha un suono per lei il silenzio?
Il silenzio è una grande bolla di sapone che mi avvolge quando lavoro, mi isola dal mondo lasciandomi comunque la possibilità di vedere e sentire suoni anche se ovattati. In questa magica atmosfera riesco ad esprimere, dall’inventario della memoria, sensazioni ed emozioni del momento. Il silenzio non è mancanza di suoni, ma una nuvola che prende vapore dal mare per farlo cadere in giardino e su fiori che non conoscono stagioni. Il silenzio ha un tempo indefinito e dimensioni non quantificabili. Questa magia può durare un attimo o il tempo di stesura di un’opera. Può durare quanto un pensiero e esplodere all’improvviso per il volo di una farfalla.
Quanto è importante per un artista emozionarsi per esprimere emozioni attraverso i propri quadri?
L’emozione è un sentimento che accompagna tutti i passi della nostra vita; nella mia produzione l’emozione nasce da episodi del passato, fra pathos e serenità. Atmosfere latenti, di forme, linee e colori che danzando, si fissano alla mia anima e, partendo da un dato visivo e percepibile, giungono a una sintesi che si esplicita nell’esternazione e nell’emotività.
Negli ultimi anni è stata molto attiva in mostre di carattere nazionale e internazionale, dialogando con diversi critici d’arte contemporanei, tra cui Sgarbi e Daverio. Che risposta ha avuto da loro?
Sebbene molte mie opere sono di ricerca e propongono sperimentazioni linguistiche originali, la loro leggibilità e contemporaneità ha permesso un buon dialogo con critici e storici dell’arte ma anche con il pubblico di non addetti ai lavori. La mia arte non è riproduzione, ma creazione di un qualcosa che attraverso la materia, rende visibile il mio mondo interiore. Il riflesso di questa mia esperienza privata, è stata la risposta di critici e pubblico. Il compianto critico d’arte Philippe Louis François Daverio ha scritto: “Il lirismo poetico dell’artista Vitaggio, è ricerca di una realtà che ne sfiora un’altra ricerca che diventa personalità e stile. Nelle sue opere la sofisticata cromia convive con un’armonica composizione in cui il linguaggio poetico e musicale dà vita a volute di colore dove energia, leggerezza e pathos sono in armonia con un dispositivo mentale ed interiore di operativa strategia ma anche di rara sensibilità che l’artista possiede e coltiva. Attraverso una pittura materica, la spiritualità dell’artista convoglia delicatezze sospese e cromie vicine a Chagall e Kandinskij”. Lo ringrazio ancora per le sue parole di stima.