Dalla prima alla seconda e probabilmente alla terza ondata di Coronavirus, che sta sconvolgendo l’Occidente del Mondo e il Sudamerica (Italia e Messico sono i paesi che, in base alla popolazione hanno una mortalità molto elevata) è evidente come ci siano delle aree geografiche che, ad oggi, risultano maggiormente a basso rischio pandemico.
Tra questi sicuramente l’Oriente, la Cina in primis da cui il focolaio è partito, poi Australia, Giappone e Nuova Zelanda, stanno contenendo bene il virus toccando gli zero contagi. E’ vero che sono state le prime nazioni a chiudere i confini esteri, ma è pur vero che ci sono alcuni fattori da considerare.
Secondo uno studio di un gruppo di scienziati italiani dell’Irccs San Raffaele di Milano e università Vita-Salute, le strategie adottate dai vari Paesi, dal lockdown alle misure meno restrittive, contano poco. Quello che pesa nel contenimento del Covid-19 sono invece l’età media delle popolazioni, la cultura ed esperienza passata con emergenze di questo tipo, anche la propensione al fumo e il Dna.
Poi c’è il caso del continente africano che, al momento e per fortuna – viste le difficili condizioni in cui versano i Paesi del Terzo Mondo sul fronte sanitario – a fine luglio rappresentava solo il 5% dei casi globali di Covid-19 e il 3% dei decessi segnalati. Un team di ricercatori del Regno Unito ha voluto indagare sul mistero dell’Africa e ha studiato la diffusione dell’infezione in Kenya, analizzando 3.098 campioni di sangue raccolti da donatori (tra i 15 e 66 anni) di tutto il paese tra aprile e giugno. Ogni campione è stato testato per la presenza di immunoglobuline G, anticorpi Sars-CoV-2. Da ciò si evince che il 4,3% dei campioni di donatori aveva gli anticorpi contro il Coronavirus: un numero molto alto rispetto ai decessi segnalati: 341 con 20.636 casi di positività al 31 luglio.
Quello che conta come uno dei principali fatti “anti-Covid” per così dire “naturali”, in Africa, è il fattore demografico.
In Africa non è stato segnalato l’assalto agli ospedali per malattie respiratorie e comunque dopo la segnalazione del primo caso, sono corsi subito ai ripari con le misure di contenimento. In Kenya però solo il 3,9% della popolazione ha un’età superiore ai 65 anni, percentuale decisamente inferiore al 23% dell’Italia. E se è vero come gli Istituti di Sanità registrano, la popolazione che rischia di più è quella anziana, ciò spiega parte del contenimento. In Kenya peraltro, così come in altri paesi africani, potrebbero avere un resistenza naturale a questo tipo di infezioni per come conducono la vita.
Infine, dalle mappe sulla diffusione del Covid, si può vedere facilmente come il virus non sia presente nelle aree più fredde ma anche più disabitate del pianeta. Per ovvie ragioni.