Non solo tra noi (vicini) ma “fra” noi e gli altri (anche lontani), le istanze pittoriche delle tele di Giacomo Cuttone, come vele traghettate (in termini di comune trasduzione semio-culturale e politica), arrivano fra le pagine della rivista indiana “Litterateur Redefining world/ottobre 2020” e ri-tornano in terra d’origine, le vie mediterranee. Ridefinire il mondo – “Redefining world” – infatti è il sema comune che la voce e la lettera di “Litterateur” (dello scrittore ed editore Shajil Anthru, Trivandrum Kerala- India) e i segni e la semiosfera delle ricerche e delle espressioni della pittura di Giacomo Cuttone intendono tra-durre e portare avanti in una realtà storica tutt’altro trasparente per scopi e fini con-divisi. E non è un caso se l’immagine di copertina della rivista indiana “Litterateur Redefining world/ottobre 2020”, in allegorizzazione differenziale, emblematizza – secondo chi scrive – il senso complessivo della co-operazione dei due artisti (l’indiano Shajil Anthru e il siciliano Giacomo Cuttone) con il dipinto “L’enigma della mano” (acrilico su tela 80×80 del 2028) dell’artista siciliano Giacomo Cuttone.
Nella semiotica dei segni di diversa provenienza geo-eto-politica, le “differenze” fra i mondi d’origine non impediscono infatti alle culture (prossime e distali) di “tradurre” il comune bisogno di “ridefinire” il “senso” del co-esistere delle forme di vita in un mondo alternativo, plurale (diverse sono infatti le voci e le traduzioni che vitalizzano le pagine di “Litterateur Redefining world/ottobre 2020”). È possibile, ricordiamo, scaricare gratuitamente il numero di ottobre della Rivista “Litterateur rw” cliccando questo link: https://litterateurrw.com/magazines/october_20/index.html?fbclid=IwAR0WiFWGyKWsdXVNSUvZhDL0noVTQobyVzmnJo77KXBnF5ADeN1Sva1z1Y.
Le prime pagine della rivista sono dedicate ai lavori di Cuttone, alle sue mostre (“Lavatoio Contumaciale” di Tomaso Binga, Roma), ai lavori, come le grafiche, che hanno intrecciato arte e poesia (come un unicum verbo-visivo), o a dipinti che, interpretando/tra-ducendo) hanno accompagnato poesie (di chi scrive) e testi poetici collettivi (curati da chi scrive), o di Giacomo Giannone, o di Francesca Incandela, o al libro con Gianmario Lucini (“Il canto dei bambini perduti”, Ed. CFR, Piateda, 2013). La rivista riporta anche foto che lo riprendono con diversi soggetti e autori da lui conosciuti e frequentati. Fra questi non manca una foto in compagnia con Leonardo Sciascia. Della pittura di Giacomo Cuttone non si può dire che sia rimasta “tra noi”. Grazie ai giornali e alle riviste della tradizione cartacea (ricordiamo “Molloy” di Stefano Lanuzza e “Spiragli” di Salvatore Vecchio), già circolava fuori casa. Oggi, senza frontiere, viaggia fra le pagine delle testate elettroniche (“Spiragli”, “Retroguardia”, “Argo”, “La macchina Sognante”… Anche la storica rivista (cartacea) romana “Fermenti”). Quest’ultima, a firma di chi scrive, cercando di coglierne l’impegno est-etico-politico e insieme l’invenzione artistica, del nostro artista Cuttone, ha ospitato diverse opere.
Estrapolando da una nostra recente nota critica (per il catalogo della Mostra Nazionale “Ricercando l’arte contemporanea” di Agrigento, cui partecipa con “Il Satiro e il suo riflesso”, “Ritratto di Sicilia 4”, “Il lento scorrere del tempo”, “Buona sorte”), è ineludibile il fatto che il pittore Cuttone dialoga e tra-duce gli eventi del nostro tempo per non rimanere prigioniero delle sacche dei poteri dominanti. Le pulsazioni cromatiche delle opere dell’artista siciliano, Giacomo Cuttone, infatti fissano spinte critiche e una logica che filtra e mescola l’alto, il basso e l’infra-mezzo delle espressioni che ci dicono la realtà in movimento processuale. “L’attuale che coagula il presente del passato e del futuro. Come dire l’incrocio che raggruma il dis-correre delle forme nello stupore dell’istante che sa dell’invisibile, mentre, lacerando gli ombrelli dei ripari protettivi delle convinzioni e delle convenzioni del mondo neoliberistico, le pulsazioni stilizzate pungono il vedere e proiettano insieme il pensiero dello sguardo obliquo”, ovvero la proposizione di identità culturali-politiche altre. L’identità delle culture non sono omogenee. Portano sempre i segni innovativi della creazione ri-generativa e ri-creativa degli incontri dinamici e trasformativi.
[ Antonino Contiliano ]