Lettera da Tinizong
Niente
d’eroico in questo esilio
casuale. Il marinaio ricorda
lo
stacco della nave dal pontile,
le musiche d’addio, gli ultimi
spari
del cannone di terra? Io no,
io non so dove, quando la
partenza
(se partenza c’è stata); da qualche parte
s’intuisce
ci dev’essere un errore
– mio o d’altri non importa –
un’imprevista
smagliatura, un sasso fuori posto.
Né basta
dire che adesso (quando?) qui (dove?)
si aprono inconsuete
visuali, angoli acuti
di realtà (e intanto sfugge il resto del
cerchio).
La disfunzione è altra, è nei vapori
che velano le
cose, si confondono le case
le chiese le chiuse; e chi sa più se
l’inaudito
tumefarsi dei volti, e l’appiattirsi
e
l’inarcarsi dei monti, e il beccheggiare
dei ponti siano segnali
veri, tracce forse
di un mondo altro, sottostante,
che irrompe
a tratti violento,
o fantasmi neppure ipotizzabili?
L’esilio
comunque è in questo
non essere intero mai, non esistente del
tutto
nell’istante, e sempre distante
dal vero.
Fabio Pusterla, Concessione all’inverno, Casagrande, 1985