Da più di un mese siamo in quarantena. Adesso si lavora ad una ripartenza dopo (e durante) aver affrontato una cosa che ci avevano spiegato alle elementari ma che non immaginavamo potesse accadere: la pandemia. Ci sembrava una cosa disneyana, invece un giorno forse anche un asteroide ci colpirà, con la differenza che dopo non avremo il tempo di dire “ma non può essere successo!”.
Sembrano lontani secoli i tempi in cui si iniziava a parlare di coronavirus. A qualche “scienziato” locale gli ho persino sentito dire “ma che è, ‘u virus ra birra”. La Sicilia riserva sempre tante sorprese e tanti fenomeni. In tv sono settimane che sentiamo scienziati (quelli veri), premi nobel ed edotti di ogni misura che “prevedono” il futuro, la ripresa, il disastro, la fase 2 – 3 – 4, fino a 28. Nessuno tiene bene a mente il fatto che le variabili sono così tante che prevedere cosa succederà da qui a sei mesi è complicato. Mi stanno facendo rimpiangere Vanna Marchi e quel mago che di mago non aveva niente, neanche il nome (che non citerò), piuttosto simile a quello di un fachiro.
Sembrano ancor più lontani i tempi degli aperitivi di Zingaretti (per poi essere vittima di questo virus bastardo) e degli slogan del sindaco Beppe Sala, che fece realizzare e ha postato pure sulla sua pagina instagram un video emozionale per dire che #milanononsiferma, al grido addirittura di MILANONONHAPAURA. Invece Milano e il mondo hanno paura eccome. La superficialità con cui è stato trattato il problema ha coinvolto l’intero paese. E non è così semplice da digerire. Il nord che da più di un secolo è il “motore” del paese, questa volta ha rischiato di essere la causa di tutto.
Da Milano sono partiti quei meridionali che hanno messo paura a tutto il sud, perché noi non saremmo minimamente capaci di limitare gli effetti di un virus di cui ancora sono più le cose che non si sanno. E al diavolo la vera e “asintomatica” tendenza a dire che voi del nord siete migliori, questa volta avete toppato. Se non fosse per la vostra negligenza oggi non si sarebbe fermato un paese. La vita sarà pure più modesta e “lenta” al sud. Abbiamo pure una scarsissima propensione alla collaborazione. Noi ci diamo la mano solo simbolicamente (anche se calorosamente). Qui fare rete è un’idea di qualche illuminato che però già fa altre cose altrove. Voi siete più bravi in questo. Qui gli “altri” che fanno la stessa cosa, non li chiamiamo competitors, ma nemici (a volte aggiungiamo anche “maledetti”, senza motivo). Al nord siete più bravi in questo. Però quando ci hanno detto di stare a casa l’abbiamo fatto e i risultati si vedono. A dirla tutta penso che ci sia anche venuto facile, forse perchè, in qualche modo e magari anche un po’ per causa vostra, qui al sud si stava fermando già tutto. Cambiamo registro e ripartiamo insieme…se siamo un paese e se ne siamo capaci.