Coronavirus e spettacolo: i costi nel backstage della musica

redazione

Coronavirus e spettacolo: i costi nel backstage della musica

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venerdì 20 Marzo 2020 - 11:36

I cantanti e i musicisti scelgono le dirette social e i concerti on line per mantenere vivo il contatto con i fan. Tuttavia poco si parla di tutta quella gente che lavora nel backstage della musica.

“E’ il grande popolo del backstage, del dietro le quinte: Professionisti, impiegati, segretarie. Ma anche attrezzisti, facchini, montatori, autotrasportatori, tecnici audio e luci, addetti al merchandising, musicisti e fonici di palco ai quali il decreto ‘Cura Italia’ non ha pensato, poiché il fondo emergenza spettacolo, cinema e audiovisivo (art.89 del decreto) è espressamente rivolto soltanto ad artisti, autori, interpreti ed esecutori, categorie cui pensano Siae e Nuovo Imaie. Idem per progettisti e ingegneri, show designer, scenografi, certificatori di palchi e attrezzature, orchestre di liscio, pianobar, dj e così via”. Lo afferma Maurizio Scandurra, giornalista e critico musicale.

“Per far comprendere l’entità del danno che ricade a pioggia sulle teste di chi appartiene all’indotto dell’industria musicale, faccio alcune cifre. Un tour con artisti di fama che solitamente fanno un Festival di Sanremo a biennio e ospitate varie nei programmi di punta di Rai, Mediaset, La7 e Sky, può costare tra i 10 e i 30mila euro lordi, a seconda dei nomi – spiega Scandurra -Generalmente i cantanti sono accompagnati da un gruppo di turnisti (dai quattro ai sette di media) che sono retribuiti ciascuno con un compenso lordo tra i 250 e i 500 euro a sera, con al massimo un lieve ritocco in favore del capoband. Tutte figure che lavorano con contratti temporanei”.

“Tra i soggetti impiegati nella produzione di un live – continua l’esperto – ce ne sono anche altri: un tour manager che segue l’artista in ogni tappa coordinando tutto e tutti, una decina di tecnici con relative vetture, autisti e tanto di camper a fare da camerino e retropalco. Una tournée da aprile-maggio sino a settembre, per un totale di almeno 50-60 concerti, raggiunge e supera facilmente il milione di euro a stagione di incasso lordo, utile a garantire introiti e profitti ad almeno 60 persone in media, inclusi impiegati d’ufficio e agenzie di facchinaggio in loco per il carico e scarico veloce, di norma tra le 10 e le 15 persone. Un meccanismo che si ripete per più di cento artisti famosi all’anno. Si fa in fretta, quindi, a far la cifra che manca all’appello. Con risvolti importanti -rileva Scandurra – anche sul fronte sociale, oltre che economico”.

“I lavoratori della musica equivalgono agli stagionali agricoli e del turismo. Gente che in pochi mesi guadagna liquidità per fronteggiare un anno di spese – spiega Scandurra – Con incassi pro capite, nei casi migliori, che oscillano tra i 13/15 e i 25/30.000 euro lordi: l’equivalente di una partita iva forfetaria alle prese con imposte e previdenza. I musicisti arrotondano suonando nei locali d’estate e d’inverno fra un concerto e l’altro del grande nome che li ha ingaggiati, o insegnando nelle scuole di musica. Azzerando la mobilità, tali opzioni decadono”.

“La differenza è una, sostanziale. Gli artisti vivono di cachet, percentuali sul ticketing dei concerti, diritto d’autore, diritti connessi alla produzione fonografica e cinematografica, all’emissione radiofonica o televisiva delle proprie canzoni. Ma anche di royalties sulla vendita dei dischi e lo streaming, monetizzazione delle views dei propri canali video e profili social, sponsorizzazioni per beni o servizi. Al contrario dei loro staff – scandisce Scandurra – per cui tutto questo non vale”.

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