Per molti anni, soprattutto in periodo di crisi, molte aziende italiane hanno deciso di intraprendere la via della delocalizzazione trasferendosi in un paese estero. Nel corso del 2019, però, pare che questa tendenza abbia subito una decisa inversione di rotta: dopo tanto tempo, infatti, le imprese del nostro paese hanno finalmente cominciato a tornare indietro, ristabilendo la propria sede in Italia. Spostare la propria impresa d’altronde è una decisione che viene presa sempre più di frequente, in quanto agevolata dalla presenza di società che, come Blissmoving, assistono a tutto tondo le aziende nel trasloco, aiutandole a gestire questo momento di delicato passaggio. Non stupisce, quindi, che siano in molti a scegliere di trasferirsi all’estero o, in caso di eventuali vantaggi, di tornare indietro: vediamo quindi gli ultimi dati relativi a questo fenomeno.
Cala la delocalizzazione, aumenta il reshoring
Come anticipato pare che nell’ultimo anno la delocalizzazione sia in calo mentre, dall’altro lato cresce il fenomeno del reshoring, ovvero il ritorno in Italia delle aziende nostrane con sede all’estero. Lo dimostrano i dati pubblicati da ISTAT, secondo i quali nel triennio 2015-2017 soltanto il 3,3% delle imprese italiane ha deciso di spostarsi verso una destinazione straniera. È una percentuale in netto calo, soprattutto se la si confronta con i dati relativi agli anni precedenti: in piena crisi, infatti, il 13,4% delle imprese del nostro paese, dalle PMI alle grandi, aveva deciso di spostare la propria produzione all’estero.
Se da un lato cala la delocalizzazione, dall’altro aumenta il numero di società che fanno marcia indietro, tornando entro i confini nel nostro paese: è il fenomeno del reshoring. Stando ai dati di Federazione Anie, negli ultimi 15 anni sono state infatti circa 120 le imprese che hanno fatto dietrofront. Fra le regioni maggiormente protagoniste di questo ritorno, in particolare, troviamo la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto.
Le ragioni della delocalizzazione
Naturalmente, anche se con minor frequenza, ci sono ancora imprenditori italiani che decidono di delocalizzare, e lo fanno seguendo ragioni ben precise. Quali sono i principali motivi che spingono le imprese nostrane verso questa pratica? Per prima cosa, non si può non prendere in considerazione il fatto che alcuni paesi stranieri permettano uno snellimento delle pratiche dal punto di vista contabile, amministrativo e gestionale. In secondo luogo, ci sono una serie di costi che inevitabilmente si abbassano, come nel caso delle spese d’impresa, del costo del lavoro e di quelli relativi alle attività collaterali, dunque escluse dal core business.
Le ragioni del ritorno in Italia
Ci sono diverse ragioni che giustificano anche la decisione opposta, ovvero tornare sui propri passi e riallocare la propria impresa qui in Italia. Motivazioni più che valide, considerando che nessun paese è riuscito a superare l’Italia dal punto di vista del reshoring. Si tratta di una decisione che per molti brand conviene innanzi tutto per potersi fregiare del marchio Made in Italy, che spesso perde il proprio spessore quando si delocalizza l’azienda, anche per via di un calo degli standard qualitativi. Inoltre, ritornare in Italia giova pure alla gestione della catena di produzione, che si fa meno articolata e complicata, rispetto alla situazione di chi opera in un paese straniero.
Esistono diverse motivazioni che spingono le nostre aziende a trasferirsi o tornare: si spera che l’esempio dato da alcune grandi marchi possa spingere anche altre imprese a tornare nel nostro paese.