Gli avvocati difensori hanno condotto l’esame del consulente di parte che ha analizzato la documentazione contabile relativa alla Nettuno e alla Cea.
Dopo la pausa natalizia, mercoledì mattina, presso il tribunale di Trapani, si è tenuta l’udienza del processo a carico dell’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, e di altri tre soggetti: Maria Lucia Perricone, cugina dello storico esponente politico del PSI alcamese, Marianna Cottone ed Emanuele Asta. Gli imputati citati sono accusati di vari reati, tra cui: associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, corruzione, truffa ai danni dello Stato e della Ue. Il procedimento giudiziario che si sta svolgendo dinanzi al collegio dei giudici, presieduto dal dottore Enzo Agate e a latere la dottoressa Roberta Nodari e la dottoressa Chiara Badalucco, è scaturito dall’inchiesta della magistratura trapanese del 2016, denominata “Affari sporchi”. Sotto la lente di ingrandimento della Procura di Trapani, e nello specifico dei pubblici ministeri Rossana Penna e Marco Verzera, sono infatti finiti i lavori di ampliamento del porto di Castellammare del Golfo, sequestrati dalle fiamme gialle nel 2010. Secondo la magistratura, alcune delle società coinvolte nel sequestro del cantiere sarebbero state amministrate occultamente dall’ex vicesindaco di Alcamo.
Proprio sulla documentazione contabile delle suddette società, la Nettuno (per l’accusa fatta artatamente fallire) e la Cea, è stato sentito l’ultimo teste della difesa. Gli avvocati Giovanni Lentini e Giuseppe Junior Ferro, legali di Maria Lucia Perricone (detta Mary) hanno condotto l’esame del consulente di parte, il signor Giuseppe Stabile. Il contabile è stato anche consigliere comunale di Alcamo per due consiliature. Nello specifico, è stato l’avvocato Lentini a chiedere al teste di spiegare come sono stati impiegati gli 11 milioni di euro che il Consorzio Veneto, capogruppo dell’ATI (associazione temporanea di imprese), aggiudicataria dei lavori del porto di Castellammare del Golfo, riversava alle imprese Cogem, Comesi e all’associata Cea. Il consulente ha dichiarato che la Cea ha incassato 8 milioni di euro circa. Di questi, 6 milioni e 500 mila euro circa sono state le somme che la cooperativa ha dato alla Nettuno, una consorziata creata appositamente dalle succitate imprese come unica centrale di costi. Il legale di Mary Perricone ha inoltre domandato al teste cosa ha fatto la società Cea della differenza rimastale dai pagamenti della Coveco. Il signor Stabile ha spiegato che una quota, 1 milione e 390 mila euro circa, è stata utilizzata dalla Cea per affrontare il costo dell’acquisto delle palancole, 315 mila euro invece sono stati i costi sostenuti per conto della Nettuno. Dal conto dedicato al cantiere, invece, mancherebbero 80 mila euro dati da Coveco alla Cea e non riversati a Nettuno. Il teste ha poi precisato che la Cogem ha incassato dal Consorzio Veneto circa 2 milioni e 700 mila euro. La differenza di quanto ricevuto e non versato alla Nettuno è pari a 330 mila euro. Comesi invece ha ricevuto circa 400 mila euro. Una differenza di circa 13 mila euro è il quantum di ciò che non è stato riversato alla Nettuno. Il consulente di parte si è soffermato sulla posizione della Comesi, spiegando che detta impresa si era dapprima impegnata a fornire le attrezzature marittime, cosa che poi non è accaduta. Successivamente, quindi, è stata sostituita dall’impresa Scuttari, una ditta esterna all’ATI. Questa impresa, vantando un credito nei confronti di Nettuno, ha poi emesso un decreto ingiuntivo alla capogruppo Coveco, riconosciutogli dal tribunale di Venezia. Per quanto concerne le migliorie previste dal bando di gara dei lavori del porto e non realizzate, il consulente Giuseppe Stabile ha affermato che, in sede di gara, le offerte erano generiche. Comunque, dal contenuto del contratto, come riportato dal teste, si evince che le migliorie dovevano essere pagate proporzionalmente all’evoluzione dei lavori ( la percentuale di quelli realizzati è stata circa del 70% ). Invece, circa 1 milione di euro di migliorie e gli oneri di sicurezza non sono stati mai pagati. Il teste ha inoltre specificato che il Coveco non ha pagato il 13° Sal (Stato avanzamento lavori) a nessuna delle imprese. Poi, l’avvocato Giovanni Lentini ha chiesto al teste cosa ha fatto Coveco con i soldi del 13° Sal non versati alle imprese. Il consulente Giuseppe Stabile ha raccontato che sono stati versati su un conto della Bnl, invece, tutti gli altri Sal sono stati depositati presso l’Unicredit. Infine, l’avvocato Lentini ha domandato al consulente di parte se il Consorzio Nettuno poteva agire nei confronti delle imprese dell’Ati. Per il teste, ogni azione intrapresa non avrebbe portato a risultati.
La prossima udienza è stata fissata per il 26 febbraio, nel corso della quale si concluderà il controesame del teste Giuseppe Stabile da parte del pubblico ministero. Infatti, la dottoressa Penna ha chiesto al collegio dei giudici di poter integrare l’escussione del teste in quanto i dati forniti dal consulente della difesa non collimerebbero con quelli della documentazione prodotta dai consulenti della procura. Secondo l’accusa, si ricorda, la cooperativa Cea è stata utilizzata, in particolare, per la distrazione delle somme versate dalla Coveco destinate al pagamento delle spese sostenute dalla Nettuno, che si interfacciava con i fornitori del cantiere del porto di Castellammare. Sempre nel corso della prossima udienza, verrà effettuato l’esame da parte del pubblico ministero del principale imputato del processo: Pasquale Perricone.
Linda Ferrara