Tsunami, terremoti ed alluvioni, in Sicilia il rischio è alto. Parla il Capo della protezione Civile regionale

redazione

Tsunami, terremoti ed alluvioni, in Sicilia il rischio è alto. Parla il Capo della protezione Civile regionale

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venerdì 18 Ottobre 2019 - 06:45

Ad eventi naturali distruttivi e difficilmente arginabili, purtroppo siamo abituati. Il nostro Pianeta cambia continuamente, si autodistrugge e si autorigenera e questo provoca a volte gravissime conseguenze per l’uomo che abita nel territorio interessato dai cataclismi generati da questa continua metamorfosi. Spesso, però, è anche l’uomo ad avere la sua consistente porzione di colpa. Comportamenti sbagliati che non tengono conto dei naturali cambiamenti, a volte sono i veri responsabili di tragedie che si potevano evitare. Un territorio antropizzato che viola, tradisce e ignora l’essenza dei luoghi, non ha futuro. La nostra terra, fortemente contrastata da eventi catastrofici che ne hanno cambiato a volte la morfologia, (pensiamo al terremoto del gennaio ’68 nel Belice) per la sua allocazione geografica è soggetta a eventi sismici e ad alluvioni. Per far chiarezza sullo stato attuale in cui si trova la nostra isola, abbiamo raggiunto l’ingegnere Calogero Foti, capo della Protezione Civile siciliana.

La Sicilia purtroppo è una zona fortemente sismica. A preoccupare non sono soltanto le faglie attive che intersecano la nostra isola, ma anche il lento ed inesorabile scivolamento del Vulcano Etna nel Mar Jonio. C’è un’allerta che incombe sulle nostre teste? Un incubo chiamato Etna?

Si tratta di fenomeni naturali del sistema geologico e quindi noi possiamo fare ben poco. Possiamo seguire e monitorare, questo sì,  cosa che già avviene attraverso le componenti  del sistema unico di Protezione Civile e anche attraverso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia  che si occupa appunto di questo. Anche  l’Università di Catania ha sviluppato un sistema.

Ingegnere Foti, può dirci quali sono le faglie attive che interessano la nostra regione?

Ce ne sono molte. C’è quella che interseca il Belice, c’è quella ragusana e anche quella che attraversa lo Stretto di Messina.  Ce ne sono diverse che interessano, e si trovano all’interno, dell’areale etneo e sono quelle che generano tutti i terremoti in quella zona. L’ultimo è avvenuto a Santo Stefano, molto forte. Nel 2002 ne è accaduto un altro, a Santa Venerina, nel 1984 un altro ancora, a Zafferana Etnea. Senza scordare quello distruttivo di Messina nel 1908 e quello del 1693 che ha raso al suolo parecchie città. Se lei va a Grammichele troverà una forma in pianta che è un esempio di urbanistica assolutamente attuale perché rispetta tutti i canoni di costruzione antisismica. È a pianta esagonale, usata per consentire la buona fruizione della gente in fuga dalle case. C’è una piazza centrale che può accogliere le persone e in ogni intersezione c’è un’altra piazza che consente di sostare senza pericolo. La Sicilia ha anche degli esempi concreti di costruzione saggia e preventiva.

Se l’Etna dovesse scivolare nel mare, lo tsunami ingenerato, cosa provocherebbe? Quanto è forte il rischio tsunami in Sicilia?

Il rischio c’è ed è forte e prima o poi accadrà. Se continua a scivolare in basso, così come evince dagli studi in corso, lo tsunami sarà inevitabile. Due mesi fa un piccolo tsunami c’è stato a Stromboli. Per fortuna l’onda era di appena 30 centimetri. In quel caso il mare si è arretrato di circa 3, 4 metri e non ci sono stati effetti devastanti. Nel 2002, però, l’onda anomala è arrivata a 2 metri circa di altezza  e ha procurato danni. Quest’onda ha pure toccato la costa nord tirrenica interessando Milazzo e dintorni e procurando anche dei danni a navi e barche ormeggiate al porto. E’ un fenomeno fortemente concreto ed attuale e stiamo cercando insieme al dipartimento nazionale  e all’Università di Firenze di migliorare un sistema di monitoraggio e un sistema di allertamento attraverso l’attivazione di sirene che segnalino lo tsnunami.  E questo già esiste.  Abbiamo anche tutta la costa orientale della Sicilia, a partire da Marzamemi da controllare. Non scordiamoci quello che avvenne secoli fa a Santorini, l’isola greca (vedi nota a fine articolo, ndr). L’evento interessò in pieno Malta e la Sicilia (vedi nota in basso). Esiste un programma Italia Malta, abbiamo previsto un’esercitazione ed una serie di studi rivolti proprio alla protezione dallo tsunami.

E’ possibile prevedere quando avverrà il crollo del nostro vulcano?

Non stiamo parlando di tempi brevi, che vivremo noi. Non so quantificarle un tempo, non stiamo parlando di fatti aritmetici ma è indubbio che c’è uno sviluppo del fenomeno che è articolato ed è collegato a fenomeni che avvengono all’interno dell’Etna. Ad oggi c’è un’analisi interferometrica che viene applicata e controlla quanto si sposta il vulcano. Noi l’abbiamo utilizzata pure  per monitorare la frana di San Fratello, che ha colpito il territorio il 14 febbraio  del 2011.

Quali tecniche e studi utilizzate per la prevenzione di eventi catastrofici?

Noi stiamo lavorando per la creazione di una rete sismica che possa definire meglio anche qui una serie di elementi precursori. Penso che la Sicilia sia l’unica regione che da qui a poco avrà, (e c’è già il finanziamento per questo), la Carta di microzonazione dell’intero territorio regionale utile per tutti i comuni che hanno un’accelerazione sismica. Saremo in grado di conoscere ed effettuare la  valutazione della pericolosità sismica locale. Saremo in grado di conoscere lì dove i rischi sono maggiori ed attuare una serie di restrizioni sull’uso del territorio attraverso condizioni di vincoli sui Piani regolatori. E’ un lavoro che evidentemente stiamo cercando di portare sempre più avanti ma, ripeto, noi come Protezione Civile, ci occupiamo di azioni di tipo non strutturale. Sicuramente più efficace è la pianificazione di Protezione Civile e questa è demandata ai Comuni con i quali noi stiamo cercando di stabilire dei format e attraverso l’utilizzo dei cittadini che sempre più devono essere parte attiva nel sistema  adoperandosi  con corrette norme comportamentali. E’ ovvio che se c’è un’alluvione e uno va a mettersi nel piano cantinato, non possiamo che aspettarci un tragico epilogo.

Quali sono i progetti più imminenti che vuol anticipare al nostro giornale?

Stiamo lavorando su un incremento della rete idrologica, anzi, per essere più precisi, la rete idrometeo. Stiamo spendendo 14 milioni di euro per potere analizzare gli elementi di rischio idraulico in modo più efficace ed abbiamo chiesto all’INGV di definire un progetto di rete tecnologica che possa analizzare le emissioni  di gas dei vulcani, il livello delle falde acquifere e lo studio delle faglie attive, la misurazione geometrica delle stesse e le misure di tensione in modo tale da capire se c’è un rischio imminente di terremoti. Abbiamo dotato il sistema regionale di una piattaforma che mette in comune tutti i dati in modo tale da creare una sala virtuale.

Come si chiama questa piattaforma?

Si chiama GECOS, acronimo di Gestione e Comunicazioni della regione Sicilia. Tutte le componenti possono seguire ed indicare l’evento che ad esempio si è verificato. Si potrà dunque seguirne  l’ evoluzione e determinare le risorse necessarie per affrontarla. E’ ovvio che serve anche a verificare che le stesse risorse siano disponibili. Serve insomma a condividere le informazioni e ad apprenderle secondo una logica ben precisa. E’ utile per la gestione di una eventuale emergenza.

Passiamo dall’acqua al fuoco. L’Estate appena trascorsa ha lasciato un vistoso “segno nero” sul territorio. Intere aree boschive e marittime sembrano paesaggi lavici con alberi e porzioni di suolo annerite dal passaggio del fuoco. Può farci un bilanci degli incendi che hanno ancora una volta flagellato le aree verdi della nostra Sicilia?

Premetto che è il Corpo Forestale ad avere dati certi e specifici sugli incendi. Noi, come Protezione Civile, interveniamo a supporto del vigili del fuoco con i nostri volontari sempre disponibili. Posso dirle che come ogni anno il nostro impegno  è stato profuso abbondantemente. Quest’anno, rispetto all’anno scorso, abbiamo avuto un numero maggiore di incendi. Si sono riuscite a superare tutte le criticità ma ancora una volta si è evidenziato che sono stati tutti provocati dall’azione di piromani. Ci sono stati incendi, le faccio un esempio, come quello di Monreale, che ha inequivocabilmente  visto più focolai disposti in brevi tratti, ed è stata dunque palese l’azione e la volontà di qualcuno.

Il territorio, specialmente in Estate, con siccità e vento, dovrebbe essere più controllato?

Sì. Noi possiamo incrementare tutte le risorse in termini di attrezzature, uomini e mezzi ma se non si incentiva un’azione di controllo del territorio da parte delle autorità che devono indagare  e a cui compete questo tipo di ruolo, non è difficile immaginare che si otterrà, alla fine, ben poco.

Gli incendi hanno conseguenze devastanti per il territorio che risulta privato da quella che è la sua difesa naturale alle copiose piogge e rappresentano un freno alle alluvioni. E’ così ingegnere?

Sì, gli incendi sono strettamente collegati al rischio idrogeologico perché non essendoci più vegetazione lungo i versanti, si accentuano e si incrementano le frane o per  crollo o per scivolamento.

L’anno scorso le alluvioni di Casteldaccia e dell’entroterra siciliano hanno sconvolto tutti per il tragico bilancio di morti, senza dimenticare la tragedia di Boccetta nel 2008. Quali tipi di precauzioni nel frattempo sono state prese per evitare che queste  tragedie si ripetano?

Lei mi ha citato dei  luoghi specifici,  Casteldaccia e Boccetta, ed io le dico che si tratta in questi casi di zone antropizzate in modo errato. A Boccetta, vicino Messina, ricordo che un fiume era stato tombato e che purtroppo, nella foga, si è ripreso il suo spazio travolgendo tutto, case e persone. Nel caso di Casteldaccia, nell’alveo di un fiume era stato costruito un immobile che, sebbene non abusivo, aveva tutte le caratteristiche per rivelarsi potenzialmente pericoloso. È un chiaro esempio di poca accortezza sia dell’uomo che ha costruito sia di quello che viveva lì nonostante un avviso esplicitato di rischio particolare. Quella zona era nella fascia compresa  infatti fra l’arancione e il rosso. In precedenza questi luoghi erano stati frequentemente allagati tanto che il proprietario se era andato via da quella casa per questo motivo.

Ci sono dei posti in Sicilia, anche non antropizzati,  che però sono ugualmente, per la propria conformazione geologica, a rischio idrogeologico?

I rischi maggiori noi li abbiamo ai nodi idraulici, cioè dove il fiume si interseca con le strade. Anche lì occorrerebbe che gli Enti titolari provvedessero alla pulizia in modo tale da assicurare un normale passaggio dell’acqua senza intoppi.

Cosa può fare la Protezione Civile?

Innanzitutto  incrementare la  possibilità di migliorare le previsioni del tempo  con un servizio meteo che è a cura dell’Aereonautica Militare ed utilizzare una serie di apparecchiature che noi, come Protezione Civile,  stiamo incrementando sempre più sul territorio per monitorare i dati utili come la quantità di pioggia, la portata dei corsi d’acqua , ovvero tutti gli elementi precursori che ci consentono di fare prevenzione e di  farci trovare pronti. Come sempre, il Piano di Protezione civile definisce le procedure, cioè chi deve fare cosa, individuando, nello stesso tempo,  azioni e norme comportamentali. Sottolineo che per meglio rodare il sistema, occorrerebbero più esercitazioni, più informazioni, innescando così  un processo di responsabilizzazione da parte di tutti i cittadini.

Tiziana Sferruggia

Nota: il riferimento del Capo della protezione Civile regionale, si rifà a quanto è accaduto nel 1600 Avanti Cristo nell’isola di Santorini, evento che si pensa possa aver ispirato il Mito di Atlantide, la splendida isola inabissatosi nel mare. Ecco cosa riporta Wikipedia: L’attuale conformazione semicircolare dell’isola di Santorini è il frutto di successive eruzioni vulcaniche che hanno fatto collassare la caldera e determinato l’ingresso del mare sul lato occidentale. L’isola fu sventrata in parte da un’apocalittica eruzione del vulcano avvenuta tra il 1627 a.C. e il 1600 a.C. (datazione stabilita da Manning, nel 2006, attraverso accurate analisi al C14 e dendrocronologiche) e invasa successivamente quasi del tutto dal mare. Fu la più imponente eruzione avvenuta in Europa documentata in epoca storica e, secondo alcune teorie, avrebbe avuto conseguenze devastanti per la civiltà minoica: sarebbe stata, infatti, la principale causa dell’inizio del suo completo declino; secondo studi recenti, l’eruzione del vulcano provocò dapprima una pioggia di pomici e ceneri, poi piovvero massi più grossi e infine la caratteristica pomice rosa che ha reso celebre l’isola. Quindi il vulcano esplose: un getto di materiali compressi e di gas surriscaldati raggiunse la stratosfera ad una velocità di 2000 km/h, con conseguenze rilevate dall’Africa alla Scandinavia, dal Golfo persico a Gibilterra. Le ceneri furono sparse per molti chilometri e oscurando la luce solare alterarono, probabilmente, albe, tramonti e condizioni meteorologiche. Alcune teorie basate sui rinvenimenti archeologici trovati a Creta indicano che uno tsunami, probabilmente associato all’eruzione, colpì le aree costiere di Creta e può avere duramente devastato gli insediamenti minoici. L’eruzione sembra avere ispirato certi miti greci e fornito la base o altrimenti l’ispirazione a Platone per la narrazione del mito di Atlantide. Si ipotizza che la mitica isola di Atlantide possa venire identificata con Santorini. (Fonte wikipedia)

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