C’erano a occhio e croce 200 persone, l’altra sera, al Teatro Comunale di Marsala per il dibattito sul tema “La Questione Amorale. Mafia e politica in Sicilia, oggi”. C’erano tanti cittadini sensibili al tema, rappresentanti delle istituzioni, del sindacato e alcuni giovani che stanno cominciando ad interessarsi della propria città. Alla presenza del presidente della Commissione Antimafia Regionale Claudio Fava, si è parlato soprattutto della fase che sta vivendo Marsala, dopo le ultime due inchieste giudiziarie – “Scrigno” e “Artemisia” – che hanno coinvolti diversi politici del territorio e confermato come il problema della raccolta del consenso mantenga la sua drammatica attualità.
Invitato a dare un contributo al dibattito, mi è sembrato naturale ricordare come Marsala abbia vissuto altre situazioni, in passato, in cui si è ragionato su temi analoghi. Ai tempi dell’operazione “Peronospera” si parlava addirittura di esponenti delle famiglie mafiose che sedevano ai tavoli della politica per definire assieme candidature e affari. Di fronte a una forte pressione popolare e mediatica che vide il nostro giornale in prima fila, la maggioranza dei consiglieri comunali (a partire da Roberta Pulizzi e Ottavio Navarra) decise di dare le dimissioni, evitando l’onta dello scioglimento per infiltrazioni mafiose. Qualcuno in questi giorni sta ventilando una prospettiva simile. Francamente, confrontando i due scenari, ritengo sia un’ipotesi prematura, benchè le carte delle due recenti inchieste facciano emergere situazioni e comportamenti quantomeno discutibili da parte di alcuni consiglieri comunali attualmente in carica. Le dimissioni del 2005 maturarono dopo un lungo e sofferto percorso, durato due anni, e in cui diversi attori dell’epoca risultavano indagati per ipotesi di reato molto gravi. Allo stato attuale, i rappresentanti del massimo consesso cittadino non risultano indagati e da un punto di vista formale sono legittimati ad andare avanti. E’ legittimato a proseguire la propria azione politica anche Enzo Sturiano, per quanto potrebbero essere condivisibili le sue dimissioni dalla presidenza del Consiglio (richieste da un appello sottoscritto da 90 cittadini) per motivi di opportunità politica, legate all’arresto di Paolo Ruggirello e alle conversazioni tra quest’ultimo e un rappresentante della mafia locale, a proposito della composizione della lista Democratici per Marsala. Pretestuosa appare anche la provocazione di chi invoca le dimissioni del sindaco Alberto Di Girolamo per l’alleanza con la lista vicina a Ruggirello, di fatto frutto di un’imposizione da parte dei vertici provinciali e regionali del Pd. Chi ha memoria di quella campagna elettorale, sa bene che Di Girolamo si oppose a lungo a questo tipo di accordo, fino al momento in cui saltò l’alleanza con l’Udc e Massimo Grillo. A quel punto si rimescolarono le carte ed entrarono in gioco altri attori, da Trapani e Palermo, che posero paletti e condizioni. Tuttavia, sarebbe stato auspicabile una maggiore dose di coraggio politico da parte dei candidati a sindaco che si ritrovarono a condividere i comitati sia con Ruggirello (Di Girolamo) che con Lo Sciuto (Grillo). Anche perché i matrimoni di interesse elettorale aiutano a vincere alle urne ma rappresentano un pessimo investimento sul piano amministrativo, come insegnano le vicende che quotidianamente raccontiamo dal Consiglio comunale.
In questa fase, dunque, più che le dimissioni (che probabilmente azzererebbero il nascente dibattito di questi giorni) servirebbe una discussione ampia, seria ed estesa a tutta la città sulla gestione della cosa pubblica. Se nel 2005 la città era apparsa consapevole e pronta a rideterminare il proprio destino ripartendo dalla legalità, dalla trasparenza, dal merito e oggi facciamo nuovamente i conti con infiltrazioni mafiose, clientelismo e fenomeni di corruzione, è evidente che si è sbagliato qualcosa. Si è sicuramente abbassata l’attenzione, a tutti i livelli, consentendo una riorganizzazione di interessi e pratiche che pensavamo di aver accantonato. Serve tornare allo spirito del 2005, serve uno scatto d’orgoglio rimettere al centro Marsala e il suo futuro. La politica non nasce per gestire ambizioni individuali (posti di potere, concessioni illegittime, certificati falsi, abusi edilizi, assunzioni per appartenenza politica o familiare) ma per occuparsi del bene comune. La città attende risposte dalla magistratura su tante vicende su cui si annidano dubbi e inquietudini, ma attende soprattutto risposte dalla politica sull’aeroporto e sul porto, sui beni culturali e lo Stagnone, così come sull’erosione del litorale sud, la viabilità, l’approvvigionamento idrico, i rifiuti, le diseguaglianze sociali, l’emigrazione giovanile, l’edilizia scolastica e le politiche sull’accoglienza. Le attende anche con una certa impazienza, queste risposte, perché l’impressione è che troppi attori della scena politica di questi anni si sentano tenutari di una posizione personale eterna. E dunque, chi se ne frega se il Porto resta com’è, Birgi chiude, i signori delle discariche e delle autobotti si arricchiscono, le scuole chiudono e i poveri diventano più poveri. Per loro e i loro parenti ci saranno sempre scranni, indennità e consulenze. Per gli elettori, qualche promessa e nulla più. Se solo si facessero qualche giro in più per la città, andando fuori dalle loro zone di comfort, si accorgerebbero immediatamente che il vento che ha accompagnato le loro navigazioni, sta cominciando a cambiare giro…