La Tenenza della Guardia di Finanza di Mazara del Vallo, su delega della Procura di Marsala, ha eseguito nei giorni scorsi un sequestro preventivo nei confronti di un imprenditore di Mazara del Vallo, titolare di una società operante nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti della pesca, la quale, all’esito di una verifica fiscale effettuata dalla suddetta Tenenza anche con l’ausilio di accertamenti bancari, è risultata aver sottratto all’Erario imposte dirette ed IVA per circa 2,8 milioni di euro.
La società, ora in fallimento e solo apparentemente amministrata dalla moglie dell’imprenditore ma di fatto gestita unicamente da quest’ultimo, ha infatti realizzato vendite a nero di prodotti della pesca per circa 15 milioni di euro negli anni dal 2014 al 2016 nel corso dei quali ha anche annotato fatture false emesse da altre due imprese “satelliti” residenti a Mazara, anch’esse assoggettate ad ispezione fiscale da parte dei finanzieri.
Queste ultime, in particolare, si sono prestate a “gonfiare” sistematicamente le fatture di vendita di prodotti della pesca, indicando quantità di pescato non riportate ovvero superiori a quelle riportate nel giornale elettronico di bordo dei motopescherecci impiegati nelle battute di pesca, ragion per cui i rispettivi titolari sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Marsala per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Da tali approfondimenti fiscali è scaturito il sequestro preventivo eseguito nella forma “per equivalente” fino alla concorrenza delle imposte dirette ed IVA complessivamente evase. La misura ablatoria ha quindi colpito le disponibilità liquide ed i beni mobili e immobili riconducibili all’imprenditore mazarese e alla moglie, tra cui un grosso fabbricato e un’abitazione civile nella città di Mazara e una signorile villetta nella rinomata località balneare di Tonnarella. A dispetto dell’elevato tenore di vita manifestato sia attraverso il possesso in leasing di un’autovettura di lusso che attraverso la disponibilità di numerosi immobili, ora finiti tutti sotto sequestro, i redditi dichiarati dall’imprenditore in parola e dalla consorte, formalmente contitolare del capitale sociale della società verificata, non hanno mai superato, a testa, i 15 mila euro annui.