Torniamo ad occuparci del Partito Democratico. Chi ci segue in queste nostre note, sa che ieri ci siamo occupati (in parte) delle presunte cene che Calenda da una parte e Zingaretti dall’altra vogliono organizzare. Avevamo avvertito che il tutto era da interpretare al condizionale. E allora, malgrado gli invitati abbiano accettato, l’ex ministro del Pd ha deciso di disdire l’invito. “il Pd è allo sbando – ha detto. Tutti pensano al congresso a spartirsi la torta”. Di quale torta Calenda non ha fatto cenno. Ma oltre a questo, è partito un siluro contro uno degli ex invitati: “Matteo Renzi va avanti per conto suo. E’ in corso una guerra tra renziani e gli altri”. Poi però per non dire che parlava solo per criticare, ha lanciato due proposte: “Alle prossime elezioni europee il Pd non deve presentare liste”. E nel frattempo con un intervento geniale ha anche tracciato l’identikit del prossimo segretario: “deve essere uno psichiatra”. Noi non siamo stati teneri in passato con il partito di Renzi che si è sempre di più allontanato dall’eredità, per quanto pesante, che aveva sul “groppone”. Ma arrivare alla ricetta di uno psichiatra per guidare il partito forse è un po’ esagerato. Per quanto un nostro amico spesso rivolto agli elettori del Pd suole dirci, “ma che hanno in mente questi che ci votano?”. Ed ecco lo psichiatra. Certo a guardare le vicende del partito locale c’è da dare ragione a Calenda. Il Pd di Marsala è stato commissariato dopo che l’ex segretaria si era dimessa. Non è valsa la regola dimesso un segretario se ne fa un altro. A dirigere il partito di Marsala è stato chiamato Domenico Venuti, sindaco di Salemi e dirigente regionale del partito. Il commissariamento è durato pochi mesi, poi Venuti se ne è andato sbattendo la porta non solo dal ruolo lilybetano, ma da tutti gli incarichi di partito. E siamo all’altro ieri. Due parole su ieri. In Consiglio comunale arriva uno degli atti più importanti: il Piano Triennale delle Opere Pubbliche. Non entriamo nel merito. Facciamo una premessa e vi raccontiamo che ha fatto il Pd. Il partito ha dalla sua 5 consiglieri comunali (erano sette due se ne sono andati), il sindaco, il vice e due assessori. Tutti regolarmente iscritti. Praticamente una specie di monarchia. Ebbene ieri il gruppo del Pd ha lasciato l’aula per non votare l’atto proposto dalla propria amministrazione. Ma non tutti hanno aderito all’iniziativa. L’ex capogruppo Antonio Vinci è rimasto in aula per senso di responsabilità ed ha votato. Il sindaco alla fine ha ringraziato per l’approvazione dell’atto. Diteci voi se Calenda ha torto. Uno psichiatra ci vuole e forse non basta.
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