Battute finali per il processo riguardante l’omicidio del maresciallo Silvio Mirarchi per cui è imputato l’agricoltore marsalese Nicolò Girgenti. Il procedimento si sta tenendo presso la Corte d’Assise di Trapani, presieduta dal giudice Piero Grillo (a latere Giancarlo Caruso).
L’udienza di ieri è stata caratterizzata dalla deposizione in videoconferenza di Sergio Macaluso, ex boss del mandamento palermitano di Resuttana, arrestato il 3 gennaio del 2016 e adesso collaboratore di giustizia. Nella precedente udienza il giudice Grillo aveva ritenuto ammissibile la richiesta dell’avvocato Genny Pisciotta, legale di Girgenti, che aveva chiesto di ascoltare Macaluso nel procedimento in corso dopo che lo stesso aveva deposto nel processo d’Appello per coltivazione di droga che si sta celebrando a Palermo e in cui Girgenti è imputato assieme a Francesco Loiacono, Francesco D’Arrigo e Fabrizio Messina Denaro. Macaluso aveva affermato che la famiglia mafiosa di Partinico, di cui Loiacono era uno dei principali esponenti, aveva deciso di realizzare una mega piantagione di marijuana a Marsala, il cui raccolto sarebbe stato poi messo a disposizione del mercato dello spaccio palermitano. Ieri Macaluso, rispondendo alle domande dell’avvocato Pisciotta, della pm Anna Sessa e del giudice Grillo, ha confermato tale scenario, offrendo alcune informazioni più precise a riguardo. E’ emerso che Loiacono, figlio del fratellastro di Macaluso, gli avrebbe preannunciato nel 2015 l’esistenza di tale progetto, in base a cui i frutti della coltivazione in serra di circa 6000 piantine nel territorio di Marsala sarebbero stati consegnati a Macaluso, che in questo modo avrebbe potuto soddisfare la notevole richiesta nella zona dello Zen, considerata una delle principali piazze dello spaccio in Italia (“servivano 20 kg di erba a settimana”). Un affare da quasi 2 milioni di euro: “Marsala poteva essere la svolta, per lui e per noi”, afferma Macaluso che però fu arrestato prima che il progetto potesse concretizzarsi. Alla domanda su chi fossero gli interlocutori marsalesi di Loiacono, il collaboratore di giustizia è rimasto però vago: “Presumo che ci fosse un accordo con i padroni di casa, con il proprietario della serra. Le piante arrivano anche a due metri di altezza, non sono occultabili”. Difficile, come abbiamo scritto in precedenza, che un accordo del genere fosse stretto all’insaputa della mafia di Marsala o dei referenti di Matteo Messina Denaro, anche perchè, dalle parole di Macaluso, è emerso che la criminalità organizzata di Partinico avrebbe riconosciuto un cospicuo rimborso per l’ospitalità ricevuta a Marsala (si parla di circa 100.00 €). Ma per appurare tale circostanza serviranno, verosimilmente, altre indagini. Ad ogni modo, Macaluso ha affermato di non sapere quali fossero i “soci” lilybetani del nipote, affermando di aver conosciuto il suocero di Loiacono (Francesco D’Arrigo) ma di non sapere chi sia Nicolò Girgenti.
Al di là dell’indubbio interesse dello scenario tratteggiato da Macaluso in merito alla convergenza di interessi malavitosi tra Resuttana, Partinico e Marsala, (ritenuto però non attendibile dal legale di parte civile Piero Marino) resta qualche dubbio sull’effettivo contributo che tali dichiarazioni possano avere rispetto alla posizione di quello che, al momento, è l’unico imputato del processo Mirarchi.
Il procedimento proseguirà il prossimo 23 luglio, con l’audizione dei periti chiamati nelle ultime udienze ad ulteriori approfondimenti. Dopo di che, chiusa la fase dibattimentale, verrà calendarizzata la conclusione del processo, che potrebbe arrivare a sentenza tra la fine settembre e i primi di ottobre.
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