Chi ha vissuto con consapevolezza l’ultimo giro di boa del ventesimo secolo ha portato con sé in dote almeno due certezze: Luciano Pavarotti era la lirica e Carla Fracci la danza. L’uno e l’altra hanno infatti avuto la grande capacità di coniugare applicazione e talento, portando l’Italia e la loro arte in giro per il mondo, uscendo dai tradizionali steccati che le aristocrazie intellettuali avevano previsto fino al momento del loro ingresso in scena. Difficile dunque restare emotivamente indifferenti di fronte al racconto di sé che Carla Fracci sta portando in scena in questo periodo, con la preziosa complicità del marito Beppe Menegatti, nel tour di presentazione dell’autobiografia “Passo dopo passo”. In attesa dell’evento che si terrà questo pomeriggio al Teatro Impero di Marsala, ieri pomeriggio Donnafugata ha organizzato presso la propria sede una riuscita anteprima, nell’ambito di un progetto più articolato che vede l’azienda vinicola siciliana unire il nome di Carla Fracci a quello dell’ultimo nato della propria produzione, il “Floramundi”, a cui sono stati dedicati anche alcuni quadri coreografici messi in scena per l’occasione.
Con grazia ed eleganza, la Fracci ha risposto alle domande di Josè Rallo, ripercorrendo i momenti più importanti della propria vita e soffermandosi in particolare sul proprio rapporto con la danza. Una storia cominciata quasi per caso, con un provino presso la scuola del Teatro La Scala di Milano andato a buon fine dopo un’infanzia trascorsa in campagna, in un paesino della provincia di Cremona. La predisposizione e il talento notato dagli insegnanti non l’avrebbero però portata a diventare la più grande danzatrice italiana senza tanto sacrificio e tanta applicazione. “Ero la secchiona della situazione, la prima ad arrivare, l’ultima a uscire. Lavoravo tanto, anche da sola, ho dovuto lavorare sul mio fisico, rafforzare i miei piedi”. Un messaggio lanciato ai più giovani, che spesso oggi appaiono più interessati al “quarto d’ora di celebrità” che a coltivare con serietà le proprie passioni, magari sedotti dalle scorciatoie mediatiche rappresentate dai talent show. Ed è proprio ai giovani che Carla Fracci indirizza un messaggio chiaro, dall’alto della sua esperienza e dei suoi successi: “Non esiste altro che il lavoro, la volontà e il sacrificio”, perchè i sogni si realizzano “giorno dopo giorno e passo dopo passo”. A farle eco il regista Beppe Menegatti, da oltre 50 anni complice di un sodalizio artistico e sentimentale che raramente si ritrova nel mondo dell’arte e dello spettacolo. “Il talento è una cosa molto importante. Ma un talento senza studio fa fare una strada cortina, anche senza senso”.
Nel loro racconto, si trovano però anche tracce di un’altra Italia, in cui i più grandi teatri italiani, come La Scala o il San Carlo, proponevano la “gratuità al talento” per le proprie scuole, senza cui sarebbe stato impossibile per tanti giovani avvicinarsi al mondo dell’arte in un Paese devastato dalla guerra. E poi ci sono i vari incroci con tanti altri protagonisti di quel tempo: Maria Callas, Luchino Visconti, Nino Rota, Federico Fellini, Piero Tosi, Rudolf Nureyev, Mauro Bolognini, Margot Fonteyn, i Kennedy, Kissinger, la regina Elisabetta.
“Sono orgogliosa di aver portato la danza e l’Italia in giro per il mondo”, aggiunge Carla Fracci, rivendicando di aver portato la sua arte anche nei posti più inconsueti – “persino tra i carcerati” – con disagi talvolta incredibili. Poi invita, assieme al marito, a seguire con affetto il lavoro che viene fatto a Marsala da Elisa Ilari con il Centro Danza Tersicore, che di fatto ha consentito l’incontro tra la comunità lilybetana e Carla Fracci, con il sostegno di Donnafugata.