Jugend Rettet impugna il sequestro della nave Iuventa disposto dalla Procura di Trapani

redazione

Jugend Rettet impugna il sequestro della nave Iuventa disposto dalla Procura di Trapani

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martedì 19 Settembre 2017 - 12:31

L’organizzazione non governativa Jugend Rettet ha ufficialmente impugnato il sequestro della nave Iuventa. Ai primi di agosto il provvedimento era stato disposto dalla Procura della Repubblica di Trapani, che accusa l’Ong di intese con i trafficanti e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Questa mattina, presso l’Hotel Crystal, i giovani responsabili di Jugend Rettet hanno voluto replicare punto su punto alle contestazioni mosse nei loro confronti, assistiti dall’avvocato Leonardo Marino.

“Il 2 agosto 2017 – racconta il responsabile comunicazione dell’Ong – la nostra nave è stata esaminata e sequestrata dalle autorità italiane dopo che avevamo ricevuto l’ordine di portare dei rifugiati a Lampedusa. Nessuno dell’organizzazione è stato ufficialmente accusato di aver commesso crimini”. Il sequestro è stato dichiarato finora una misura preventiva che Jugend Rettet intende impugnare dopo essersi presa il tempo dovuto per esaminare le accuse.

“Jugend Rettet è stato fondato da un gruppo di giovani tedeschi per affrontare l’emergenza. Abbiamo acquistato una nave per il salvataggio in mare, siamo volontari che agiscono con la visione di un’ Europa aperta e umana. Veniamo finanziati esclusivamente da donazioni (il 95% delle quali usate per il salvataggio in mare). Da luglio 2016 abbiamo salvato più di 14 mila donne, uomini e bambini dall’annegamento. Salvataggi effettuati in perfetta conformità con i regolamenti vigenti”. A proposito delle indagini, lo staff di Jugend Rettet afferma che le accuse risalgono a due testimonianze a bordo della Vos Hestia di Save the Children, facendo riferimento a possibili infiltrazioni in questa vicenda dei servizi segreti italiani e dell’estrema destra. “Le immagini i dati e le comunicazioni sono avulse dal loro contesto, il materiale raccolto è stato strumentalizzato e interpretato in maniera falsa. Abbiamo ricostruito la cronologia vera degli eventi e l’abbiamo presentata al tribunale durante l’udienza”.

Tra gli obiettivi della conferenza stampa odierna convocata da Jugend Rettet, c’è – al di là degli aspetti prettamente giuridici – anche la volontà di fare in modo che l’opinione pubblica torni ad avere fiducia nel lavoro delle Ong che operano nel Mediterraneo, dopo settimane in cui i media le hanno pesantemente screditate.

A delle precise domande dei giornalisti su cosa accade nelle situazioni di soccorso rispondono: “In nessun modo abbiamo a che fare con i “ladri di motore” (così vengono apostrofati coloro che durante le operazioni di salvataggio operate dalle ONG recuperano i motori e ritornano in Libia per poterli riutilizzare in altri sbarchi, ndr) non c’è alcun tipo di comunicazione, se non finalizzata al salvataggio di vite umane. Non siamo tenuti a fare altro (riguardo alla loro possibile identificazione, ndr), anche perché si tratta di gente pericolosa e armata”. Ribadiscono anche che tutte le chiamate di soccorso provengono dall’IMRCC (unità ricerca e soccorso dellaGuardia Costiera), dalle autorità italiane e da altre ONG. “La Jugend Rettet è contro questo barbaro traffico di esseri umani che comporta solo morte e disperazione e non collabora in alcun modo con gli scafisti”.

“Cerchiamo di affondare le imbarcazioni quando possiamo – spiega la responsabile delle operazioni in mare – anche se non siamo tenuti a farlo. Per quanto riguarda l’identificazione degli scafisti quello non è il nostro compito, ci ‘limitiamo solo nel salvare vite umane’, non abbiamo il tempo di fare altro. Per quanto riguarda i migranti salvati cerchiamo di tutelare la loro privacy”.

La Jugend Rettet parla di una narrativa costruita per far intendere che l’ONG lavori a stretto contratto con “questi criminali senza scrupoli e soprattutto per criminalizzare e screditare il lavoro delle organizzazioni non governative”.

D’altro canto nel documento politico siglato dalla Jugend Rettet è chiara la volontà di non lasciare che i migranti in viaggio vengano rispediti dalle autorità in Libia:

“Le persone che soccorriamo in mare stanno tutte scappando da qualcosa: violenza, oppressione o povertà dalle quali l’Europa promette di offrire riparo. Per riuscire ad arrivare sulle nostre coste molti di loro sono costretti a passare attraverso la Libia, uno stato devastato dalla guerra civile con una burocrazia al collasso e dove i migranti sono sistematicamente esposti a violenze, torture, stupri e omicidi nei campi di detenzione, che il ministro degli Esteri della Germania ha definito simili ai campi di concentramento nazisti. (…) Nel frattempo la guardia costiera libica è incaricata di sorvegliare i confini in mare cercando di impedire ai migranti di arrivare in Europa. Pur essendo un insieme caotico di militari corrotti e di milizie che guadagnano da traffici criminali, la Guardia Costiera libica è stata supportata finanziariamente e materialmente dall’UE sin dal 2016. Le loro procedure standard prevedono di intercettare i migranti a largo delle coste libiche e di riportarli con la forza negli stessi campi dai quali sono fuggiti rischiando la vita”.

Le accuse a loro carico vengono rispedite al mittente, si leggono infatti parole molto dure nei confronti del governo italiano: “è ancora più assurdo pensare alle false accuse rivolte verso di noi quando sappiamo che sono le stesse autorità italiane che oggi trattano con i trafficanti. Ci troviamo senza una nave perché qualcuno ci ha accusato di aver lasciato 3 barche di legno a galla, finite in mano a dei presunti trafficanti, mentre nello stesso istante giornalisti come Nancy Porsia e giornali come Le Monde denunciano che il governo italiano sta donando milioni di euro alle stesse persone che fino a ieri erano trafficanti, e che ora sono pagati per trattenere le persone nei campi di detenzione”.

Entrando nel merito delle accuse mosse dalla procura, inoltre, la Jugend Rettet da’ la sua versione dei fatti su alcuni episodi contestati:

“Gli informatori descrivono una situazione in cui due persone sarebbero tornate verso la Libia con una barca dopo che 140 persone erano state imbarcate sulla Iuventa dalla stessa. A proposito del l’accusa ci teniamo a precisare che le due testimonianze (dei due agenti a bordo della Vos Hestia, ndr) differiscono non poco”. Uno infatti parlerebbe di un gommone e l’altro di una barca di 7 metri in legno. “Questo report è stato abbastanza per investigare su di noi, metterci sotto stretta sorveglianza e produrre questa accusa piena dì ripetizioni composta da opinioni personali dei testimoni riguardo l’operazione”.

Sono due gli eventi risalenti al 18 giugno scorso: l’accusa per il primo riguarderebbe la possibilità che la Iuventa dopo un soccorso abbia riportato tre imbarcazioni in acque libiche per farle riprendere dagli “engine fishers”- una delle quali la barca kk, verrà riutilizzata in un trasporto successivo.


“È stato l’IMRCC ad ordinarci tramite telefono satellitare di recarci in quella posizione – replica l’ONG tedesca- e le imbarcazioni che si vedono nelle foto scattate dai militari non sono della Iuventa ma della Vos Hestia. C’è solo un’imbarcazione della Iuventa che sta trainando le imbarcazioni via dalla zona per rendere le operazioni di salvataggio più sicure, non certo per restituirle agli scafisti. Se non abbiamo distrutto quelle barche in quell’occasione è stato solo perché eravamo impegnati in altre operazioni di salvataggio”.

Nel secondo episodio contestato, avvenuto sempre lo stesso giorno ci sarebbe stato addirittura un saluto fra l’equipaggio della Iuventa e gli scafisti che avevano appena asportato il motore.

“Noi, come tutte le altre ONG, non ci confrontiamo con questi soggetti potenzialmente pericolosi essendo la nostra priorità assoluta la sicurezza del nostro equipaggio e delle persone in difficoltà. Se le loro attività interferiscono con le operazioni cerchiamo di comunicarglielo Per non mettere in pericolo né noi nè le persone da soccorrere. Non c’è nessuna prova o foto che ci sia stato qualche altro incontro a parte le versioni ben poco credibili dei “testimoni” che hanno in precedenza già omesso informazioni cruciali e la visione d’insieme degli eventi narrati”.

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