La Mobile di Palermo arresta un marsalese e un mazarese, accusati di estorsione e minacce

redazione

La Mobile di Palermo arresta un marsalese e un mazarese, accusati di estorsione e minacce

Condividi su:

giovedì 13 Luglio 2017 - 19:14

Gli agenti della Squadra Mobile, in esecuzione di una Ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Tribunale di Palermo, hanno tratto in arresto due soggetti. Si tratta di Francesco Giovanni Figlioli, 53enne di Marsala e Antonino Natalizii, 50enne di Mazara. I due sono ritenuti responsabili, in concorso tra loro, del reato di estorsione. Figlioli è accusato anche di altro episodio estorsivo e di maltrattamento di animali.

L’indagine svolta dalla Squadra Mobile di Palermo, con la collaborazione dei colleghi di Trapani, è stata avviata in seguito a dichiarazioni rese, in sede di denuncia per patite minacce gravi, da un imprenditore palermitano a cui Figlioli e Natalizii avrebbero inviato minacciosamente un pacco, contente 3 cartucce da caccia, 3 teste mozzate di oca ed un foglio con scritte intimidatorie. Ciò allo scopo di costringere i titolari di una ditta creditrice a desistere dall’azione esecutiva intrapresa per il risarcimento di un credito di quasi 42 mila euro, oltre gli interessi e le spese legali. Debitrice di tale somma era una ditta i cui titolari risultano “vicini” ai due arrestati.

Tale ultima ditta, in relazione ad una fornitura di materiale disattesa, era stata condannata, con formale sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo, al pagamento del dovuto.

Figlioli e Natalizii sono stati individuati quali responsabili anche dell’invio di una lettera intimidatoria all’avvocato degli esigenti il credito, Renzo Carini, già sindaco di Marsala, minacciato di morte qualora non avesse desistito dall’esercitare l’azione di recupero della somma.

Figlioli, inoltre, si sarebbe reso responsabile della morte di tre oche alle quali pare abbia tagliato la testa, oltre che di estorsione, in quanto avrebbe inviato allo stesso avvocato una lettera di minacce ed allusioni tramite la quale avrebbe chiesto alla controparte di accontentarsi, a titolo transattivo, del pagamento della somma di 3.500 €, invece degli oltre 40.000 € di credito vantato. In tal modo i malviventi sarebbero riusciti nel loro intento, costringendo i creditori ad accettare una somma decisimente ridimensionata rispetto al credito preteso e ritenuto legittimo dall’autorità giudiziaria.

Condividi su: