Come è andata a finire domenica lo avete avuto raccontato in tutte le salse, non ci ritorneremo. Affrontiamo (che parolona…) la questione dal punto di vista politico. Quando leggerete queste note il premier (ormai ex) Matteo Renzi avrà già avuto il suo colloquio con il Capo dello Stato. Mattarella prenderà al sua decisione si spera in breve tempo (si sa, non è un velocista) e noi ci ritorneremo. Renzi paga quello che molti gli avevano ripetutamente indicato come il tallone d’Achille del suo governo: la mancanza di un rapporto forte con il paese, con gli strati sociali più umili, con la vita reale. La formazione del consenso sul voto referendario è andata oltre il quesito. Gli esodati, i disoccupati, gli insegnati trasferiti a migliaia di chilometri da casa, i risparmiatori “rapinati” dalle banche, i terremotati nuovi e vecchi, eccetera e eccetera, hanno votato di pancia e contro chi non ha affrontato e risolto i loro problemi. Tra le analisi che abbiamo letto ieri una in modo particolare non ci convince: “Renzi aveva contro i voti dei partiti e delle organizzazioni confluite nel fronte antiriforma. Se quel 60 per cento di No fosse solo questo sul territorio avrebbe avuto variazioni interne, coloriture diverse. Per esempio nel nord leghista o nella Sicilia pentastellata. Invece il voto è stato un rifiuto la cui latitudine comprende Nord e Sud, Est ed Ovest del Paese oltre che classi sociali diverse. La sua omogeneità rende evidente che il filo conduttore identicamente vincente in tutte le regioni d’Italia, è scontento, è amarezza, è voglia di rovesciare il tavolo. Un No, appunto. A Renzi e al suo governo. Il voto italiano somiglia quasi esattamente al voto di rivolta dei ceti sociali dimenticati contro la Brexit e contro la Clinton. Vi lavora dentro la stessa sfiducia, lo stesso distacco che opera dentro tutte le altre democrazie occidentali. Matteo Renzi sapeva, capiva bene l’esistenza di questo malessere. Da qui la sua campagna contro la casta, contro il passato, contro i vecchi e contro la politica che non cambia mai; ma nemmeno lui ha saputo intercettare questa rivolta silenziosa ed è finito respinto come altri leader in altri paesi. Naturalmente l’uscita di scena (momentanea?) del percorso di Matteo Renzi, tuttavia non mette fine al malessere. Dentro il No c’è una richiesta a tutti di tornare con i piedi per terra. Di far camminare quei piedi, di riprendere ad ascoltare, di prestare attenzione, di rimettere al centro della gestione della cosa pubblica il popolo e non le sue rappresentazioni immaginarie che ne hanno fatto Renzi, Maria Elena Boschi, il ministro Galletti e i consiglieri vicini al premier ( a proposito, bei consigli gli hanno dato…). Cosa accadrà è difficile da pronosticare, l’Italia è un Paese che è riuscito tante volte a riemergere dalle difficoltà, speriamo ce la faccia anche stavolta. Chi governerà da …domani, potrà contare su un Carta Costituzionale, che pur avendo bisogno di una “lucidata”, non era da buttare via e questo, almeno un parte dell’elettorato lo ha capito. Ha votato NO per dire SI al rilancio del Paese.
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