Che tristezza, sempre più abbandonati al nulla, all’oblio.
Antefatto.
Alle sette di un caldo pomeriggio di fine settembre, sabato 24 per l’esattezza, in pieno Cous cous fest, che calamita migliaia e migliaia di turisti da tutto il mondo, salgo a Erice con mia moglie e due amici inglesi: per far godere del fantastico paesaggio preferisco la funivia, che in pochi minuti mi porta in vetta regalandomi il meraviglioso spettacolo della costa che dalla falce di Trapani porta a Marsala, con Favignana, Levanzo e Marettimo a riempire di perle la stupenda collana della nostra provincia.
Naturalmente, avendo lasciato la macchina al parcheggio (dove due dipendenti della funivia mi aiutano con solerzia, uno a premere il bottone per far alzare la sbarra e l’altro ad accompagnare con lo sguardo la sbarra che si alza; e devo dire grazie che non ci sono i soliti parassiti a chiedere la questua -i soldi per un caffè- per il consiglio di accomodarmi in parcheggi limitrofi o su come utilizzare la macchinetta-cassa) facciamo il biglietto di andata e ritorno.
Fin qui tutto perfetto: saliamo su, squisita arancina a porta Trapani, Balio con veduta spettacolare, passeggiata per il centro, Duomo intenso e sublime scorpacciata di genovesi da Maria Grammatico, compagna fedele dei miei peccati di gola e mio fedele appuntamento da cinquant’anni in ogni visita ericina: i miei amici sono in estasi!
Ci tratteniamo nel suo grazioso giardino un’oretta, chiacchierando della meravigliosa Erice, dei suoi violi, del profumo di bosso della villa e poi, dopo aver salutato il fantastico Barbablù, omone capace di vendere il vento e la nebbia di Erice a bambini (e adulti…), decidiamo di tornare a casa.
E qui viene il bello: arriviamo davanti la funivia alle 21,20 e la troviamo chiusa! Si chiusa, alle 21,20 di sabato 24 settembre, con Erice piena di turisti e voglia di farsi conoscere al mondo.
Disperati torniamo indietro, chiediamo notizie agli esercenti vicini, che lamentano il fatto che il turismo scema sempre più, perché molti turisti non salgono anche perchè la funivia chiude alle 20,00 la settimana e alle 21,00 il sabato.
A settembre, in Sicilia! Mentre siamo ancora tutti al mare e San Vito lo Capo è letteralmente invasa dal popolo festante.
Che fare? Ci siamo messi sulla strada chiedere passaggi per scendere a Trapani e in mezz’ora, mossi a pietà, siamo riusciti a convincere altri turisti in macchina, più previdenti di noi.
I miei amici inglesi erano sconvolti: fermo restando che la colpa di fondo è mia, perché potevo, dovevo leggere gli orari di chiusura (beh, salendo alle sette anche gli impiegati mi potevano avvertire che avevo poco tempo a disposizione…), resta l’amaro che finito agosto il mondo chiude e che la vocazione turistica di meraviglioso borghi come Erice non potrà mai trovare degna collocazione in itinerari internazionali. Invece di stendere tappeti rossi e ringraziare chi sceglie la nostra terra tendiamo a chiuderci a riccio e a far si che il decollare di un territorio sia praticamente inibito.
Vedi pulizia delle città (Marsala docet), Mozia che sarà per cento e cent’anni candidata a diventare Patrimonio UNESCO, la penuria di uno Stagnone sempre più abbandonato a se stesso e all’incuria ambientale ed edilizia, beghe fra sindaci per cambiare il nome di un aeroporto che rischia seriamente di rimanere orfano di Ryanair, fucina turistica senza la quale torneremmo ai tristissimi anni settanta, lontani dal mondo e dalla civiltà.
Desolato, triste e derelitto, vi chiedo scusa per questo mio sfogo, ma ho inanellato nella collana delle mie delusioni l’ennesima perla nera di un nero che attanaglia sempre più il mio vivere in Sicilia.
Siamo da premio Oscar, per la peggior interpretazione turistica. La grande bruttezza.
Piero Pellegrino, turista triste e deluso