Viaggio tra i beni confiscati ad Alcamo: il Centro ricreativo e culturale Monte Bonifato rimane chiuso al pubblico

redazione

Viaggio tra i beni confiscati ad Alcamo: il Centro ricreativo e culturale Monte Bonifato rimane chiuso al pubblico

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mercoledì 16 Dicembre 2015 - 06:15

Delle 34 proprietà consegnate al Comune, più della metà non sono state ancora assegnate

È trascorso quasi un anno dalla fine dei lavori del Centro ricreativo e culturale per la fruizione della Riserva naturale del Monte Bonifato, eppure, l’immobile confiscato alla mafia non è stato ancora consegnato alla comunità alcamese.

Nel 2013, l’ex amministrazione Bonventre aveva presentato il progetto del complesso culturale, partecipando all’avviso pubblico del Gruppo di Azione Locale (GAL), Golfo di Castellammare, inerente l’incentivazione di attività turistiche. Il piano di realizzazione dell’opera, che prevedeva l’utilizzo del bene confiscato nel ‘94 e assegnato nel 2011 al Comune, è rientrato tra i quattro interventi previsti dal GAL per la città di Alcamo. Così, la progettazione del centro ricreativo e culturale ha ottenuto un finanziamento di 93.627,19 euro, la cui esecuzione è stata affidata alla ditta LOVERAL SRL di Patti (Me), per un importo dei lavori pari a circa 56 mila euro, con inizio attività nel luglio del 2014. Dopo cinque mesi di intervento, l’impresa ha ultimato il suo compito il 23 dicembre dello stesso anno, restituendo il bene all’amministrazione comunale. Sembra, però, che da quel momento si siano verificati diversi problemi che ne hanno impedito l’utilizzo per fini sociali, a cui il bene è destinato. Tuttavia, gli inconvenienti sono stati risolti definitivamente il 29 aprile scorso. Da allora, comunque, non si hanno notizie sulla futura disponibilità

Il Centro e il rifugio di Monte Bonifato

Il Centro e il rifugio di Monte Bonifato

dell’immobile, e neanche informazioni sull’eventuale pubblicazione di un bando che potrebbe, ad esempio, affidarne la gestione ad un’associazione. Ipotesi non semplice da realizzare sia per l’aspetto in sé dell’edificio, più simile ad un casolare e poco “attraente” per ospitare eventi culturali, sia per la sua stessa ubicazione, in periferia, a sud est del Monte Bonifato e, dunque, fuorimano per quelle organizzazioni che possiedono piccoli budget per poterne sostenere i costi. Infatti, il bene confiscato, poco noto ai cittadini, si trova esattamente in contrada Tre Noci e fa parte di una proprietà che oltre a diversi terreni comprende anche un altro immobile, adiacente al centro culturale. Questo edificio, a sua volta, è stato ristrutturato sotto la guida della giunta Bonventre ed adibito a rifugio per cani, sovvenzionato con un fondo regionale di 171.224,90 euro, e sul quale la Procura ha aperto recentemente un’inchiesta in quanto, nonostante non fosse ancora un edificio utilizzabile, era custodito da alcuni volontari. Esiste, inoltre, un progetto per la realizzazione di un centro di ippoterapia per disabili, presente nel Piano triennale delle opere pubbliche 2012-2014, il cui costo ammonterebbe a 283 mila euro, ma che non risulta incluso tra quelli finanziati dal bando regionale per la ristrutturazione dei beni confiscati alla mafia del 2013. Anche questo edificio doveva essere realizzato nei terreni di proprietà della Tre noci srl. Detta società di calcestruzzi, nel lontano 1993, era stata indicata dagli inquirenti come punto di riferimento del clan mafioso Milazzo, che attraverso azioni violente ed intimidatorie ne aveva acquisito il controllo. Infatti, fu rilevato che alla nascita della società erano seguiti diversi attentati che avevano indotto le imprese concorrenti, in particolare la INCAL, ad abbandonare l’attività. Dunque, la Tre noci srl si era imposta nel mercato della calcestruzzi mediante la forza intimidatrice dei suoi soci, prevalendo sul contrapposto gruppo criminale dei Rimi e affermando il suo efficace controllo sull’attività edilizia alcamese dell’epoca.

Quelli della Tre noci srl sono i beni confiscati di vecchia data. Infatti, la maggior parte dei 34 beni assegnati alla città di Alcamo risalgono agli anni 2000. Non è semplice conoscerne la natura e la destinazione in quanto, nonostante degli uffici competenti abbiano fatto progressi nello stilare elenchi e mappature, risultano poco aggiornati e dettagliati. Allo stato attuale, solamente quattro dei beni confiscati sono stati assegnati, mediante contratto, ad associazioni, società consortili e onlus. Un bene si trova in attesa di consegna ed altri due risultano assegnati ma non ceduti. Per i restanti 27, invece, si attende ancora una decisione convincente sul loro destino. La speranza è che le future amministrazioni siano in grado di progettare un utilizzo fruttuoso di questi beni, evitando di costruire cattedrali nel deserto il cui peso economico potrebbe ricadere sulle spalle della collettività.

Linda Ferrara

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