Difficile avere dei dati ufficiali. Ma la tendenza di questa settimana racconta di una sensibile diminuzione del consumo di carni e salumi sul territorio marsalese. L’allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha subito messo in agitazione i consumatori, preoccupati dalle notizie emerse in questi giorni a proposito della correlazione tra il consumo di carni lavorate e il cancro. In realtà, gli effetti sulle vendite si sono fin qui diffusi a macchia di leopardo: limitati per le macellerie, più evidenti per i supermercati. “In questi giorni abbiamo venduto praticamente soltanto formaggi”, spiega l’addetto al reparto salumeria di un superstore alimentare della prima periferia urbana. “In generale, c’è stata una diminuzione anche della richiesta di carni bianche e rosse” aggiunge un collega di un supermercato del centro cittadino, spiegando che per le nostre zone l’allarme va considerato ingiustificato in quanto “vengono rispettate tutte le norme sulla tracciabilità”. Quasi nessuno si avvicina agli scaffali in cui si vendono carni in scatola, wurstel o ragù pronti, nonostante siano già comparsi i primi sconti su questo genere di prodotti. E persino molti studenti, in questi giorni, hanno cominciato a cambiare le proprie abitudini, rinunciando al tradizionale panino con il prosciutto o il salame. I consumatori più navigati, nel frattempo, si aspettano anche un contestuale aumento dei prezzi sulle verdure o sugli altri alimenti che non rientrano nell’allarme lanciato dall’Oms.
“Dobbiamo mangiare le proteine – commenta il nutrizionista Dario Craprarotta – prestando attenzione alla qualità e ricordando che molto dipende dai metodi di allevamento. Un pollo allevato alla vecchia maniera non fa male, allevato industrialmente può causare problemi. Il consiglio che mi sento di dare è di scegliere prodotti italiani, preferibilmente del territorio. Una cosa è mangiare insaccati industriali provenienti dall’estero. Altra cosa è mangiare i salumi italiani che hanno una tradizione di altissima qualità”.
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